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Occhiuto, l’arroganza di chi crede di poter giocare a dadi con la democrazia e i calabresi.

Occhiuto, l’arroganza di chi crede di poter giocare a dadi con la democrazia

Editoriale di Luigi Palamara


Vi è qualcosa di osceno, quasi grottesco nella sicumera con cui Roberto Occhiuto ha annunciato le sue dimissioni — subito seguite, guarda caso, da una ricandidatura. Un atto che in un Paese serio, con una politica seria e una memoria ancora più seria, avrebbe suscitato indignazione unanime. E invece no: qualche applauso, molti silenzi, qualche selfie e una Calabria sempre più spettatrice del proprio naufragio.

Le dimissioni non si contestano, anzi. Erano auspicabili. Ma non sono un gesto di coraggio, se dopo due giorni si trasformano in un trucco da prestigiatore da baraccone. Il gioco delle tre carte: mi dimetto, ma solo per ricandidarmi. E perché mai? Per ripulirsi l’anima? Per rifarsi la virginità politica? Per prendersi gioco di chi ancora crede che la politica sia un mestiere sacro, e non un ring da bulletti di quartiere?

Occhiuto non si comporta da statista, ma da monarca decadente. Lancia proclami, insinua che l’opposizione “non vuole le sue dimissioni”, come se ci fosse in atto un complotto planetario per tenerlo sulla poltrona. No, Presidente, si sbaglia. L’opposizione – e una parte della sua stessa maggioranza, che adesso lo applaude con l’ipocrisia dei cortigiani – non teme le sue dimissioni. Teme, e giustamente, la sua ricandidatura. Perché non è una questione di paura: è una questione di etica, parola a lei evidentemente estranea.

L’arroganza è una malattia. E in Calabria, dove il potere è già di per sé un virus difficile da debellare, un politico arrogante è come una bomba innescata sotto il tavolo della convivenza civile. Dimettersi è un atto di responsabilità. Ricandidarsi subito dopo è solo un atto di prepotenza. E in mezzo ci sono i calabresi, quelli veri, che di questa farsa non sanno che farsene. Lei li ha stancati, presidente. E forse, pur non volendolo ammettere, anche i suoi alleati sono stanchi di lei. I selfie non bastano a nascondere i coltelli.

E se nel frattempo – perché siamo in Italia e non in Islanda – dovesse arrivare qualche tegola giudiziaria? Se proprio nel bel mezzo della campagna elettorale si dovesse aprire un nuovo fronte? Il rischio è concreto, e non è nemmeno il più grave. Il vero pericolo è che, in questo teatrino tragicomico, si consumi la distruzione politica dell’uomo Occhiuto, ma soprattutto la sua distruzione umana. Perché quando si smette di distinguere il ruolo dalla persona, quando si pensa di essere insostituibili, si è già sull’orlo del baratro.

Lei ha smesso di ascoltare. Ha smesso di capire. Ha smesso di fare politica. Quella vera. E ora gioca. Gioca con la Calabria, gioca con la democrazia, gioca con la pazienza dei cittadini. Ma questo gioco ha un nome: delirio di onnipotenza.

Dimettiti, sì. Ma stavolta per davvero. E vai in pensione con la poca dignità rimasta. Se ti resta ancora un briciolo di lucidità, guardati intorno: non ti vuole più nessuno. Nemmeno chi finge di sostenerti. La politica è finita. Il tempo è scaduto.

E i calabresi meritano di meglio. Anche solo un po' di pace. Anche solo un po' di rispetto.

Luigi Palamara

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@luigi.palamara Occhiuto, l’arroganza di chi crede di poter giocare a dadi con la democrazia Editoriale di Luigi Palamara Vi è qualcosa di osceno, quasi grottesco nella sicumera con cui Roberto Occhiuto ha annunciato le sue dimissioni — subito seguite, guarda caso, da una ricandidatura. Un atto che in un Paese serio, con una politica seria e una memoria ancora più seria, avrebbe suscitato indignazione unanime. E invece no: qualche applauso, molti silenzi, qualche selfie e una Calabria sempre più spettatrice del proprio naufragio. Le dimissioni non si contestano, anzi. Erano auspicabili. Ma non sono un gesto di coraggio, se dopo due giorni si trasformano in un trucco da prestigiatore da baraccone. Il gioco delle tre carte: mi dimetto, ma solo per ricandidarmi. E perché mai? Per ripulirsi l’anima? Per rifarsi la virginità politica? Per prendersi gioco di chi ancora crede che la politica sia un mestiere sacro, e non un ring da bulletti di quartiere? Occhiuto non si comporta da statista, ma da monarca decadente. Lancia proclami, insinua che l’opposizione “non vuole le sue dimissioni”, come se ci fosse in atto un complotto planetario per tenerlo sulla poltrona. No, Presidente, si sbaglia. L’opposizione – e una parte della sua stessa maggioranza, che adesso lo applaude con l’ipocrisia dei cortigiani – non teme le sue dimissioni. Teme, e giustamente, la sua ricandidatura. Perché non è una questione di paura: è una questione di etica, parola a lei evidentemente estranea. L’arroganza è una malattia. E in Calabria, dove il potere è già di per sé un virus difficile da debellare, un politico arrogante è come una bomba innescata sotto il tavolo della convivenza civile. Dimettersi è un atto di responsabilità. Ricandidarsi subito dopo è solo un atto di prepotenza. E in mezzo ci sono i calabresi, quelli veri, che di questa farsa non sanno che farsene. Lei li ha stancati, presidente. E forse, pur non volendolo ammettere, anche i suoi alleati sono stanchi di lei. I selfie non bastano a nascondere i coltelli. E se nel frattempo – perché siamo in Italia e non in Islanda – dovesse arrivare qualche tegola giudiziaria? Se proprio nel bel mezzo della campagna elettorale si dovesse aprire un nuovo fronte? Il rischio è concreto, e non è nemmeno il più grave. Il vero pericolo è che, in questo teatrino tragicomico, si consumi la distruzione politica dell’uomo Occhiuto, ma soprattutto la sua distruzione umana. Perché quando si smette di distinguere il ruolo dalla persona, quando si pensa di essere insostituibili, si è già sull’orlo del baratro. Lei ha smesso di ascoltare. Ha smesso di capire. Ha smesso di fare politica. Quella vera. E ora gioca. Gioca con la Calabria, gioca con la democrazia, gioca con la pazienza dei cittadini. Ma questo gioco ha un nome: delirio di onnipotenza. Dimettiti, sì. Ma stavolta per davvero. E vai in pensione con la poca dignità rimasta. Se ti resta ancora un briciolo di lucidità, guardati intorno: non ti vuole più nessuno. Nemmeno chi finge di sostenerti. La politica è finita. Il tempo è scaduto. E i calabresi meritano di meglio. Anche solo un po' di pace. Anche solo un po' di rispetto. Luigi Palamara #robertoocchiuto #arroganzapolitica #etica #dimissioni #ricandidatura #calabria #inchiesta #politica #reggiocalabria #editoriale #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal ♬ suono originale - Luigi Palamara

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