L'Editoriale di Luigi Palamara
A Roccaforte del Greco, il 23 agosto 2025, si è celebrata la festa del Patrono. Una processione che ha percorso strade semideserte, davanti a case abbandonate e finestre chiuse. Non c’era la folla, non c’era la vita di un tempo. C’era solo il silenzio, rotto dal suono lento delle campane e dal passo stanco di chi ancora resiste.
Un paese che sopravvive alla geografia, ma che muore nella carne e nel cuore dei suoi abitanti. E allora la domanda s’impone: cosa resta di una comunità quando la comunità non c’è più?
Non è questione di miracoli, ma di uomini che hanno smesso di credere non solo in Dio, ma in se stessi. Una civiltà che rinuncia a combattere è già sconfitta. E Roccaforte, come tanti paesi d’Italia, rischia di essere archiviata tra le voci di un bilancio demografico: cifra zero.
Io grido indignato: “È uno scandalo vedere chi non ha mai amato questo paese, chi non ha mai rispettato San Rocco, venire a ridere, a deridere, a profanare.” Perché la fede non è folclore, non è mascherata da indossare un giorno all’anno. È dolore, è sacrificio, è appartenenza. E chi ride di questo, ride di una civiltà che muore.
La tragedia nascosta dietro le porte chiuse: la solitudine dei vecchi rimasti, il dolore di chi ogni anno spera in un ritorno che non c’è, la nostalgia di chi da lontano ricorda il paese e non torna. La processione diventa allora metafora di una marcia funebre, lenta e inevitabile.
Eppure qualcuno ha pregato. Qualcuno ha chiesto il miracolo. Non tanto quello di far rivivere un paese che cade a pezzi, ma quello – più umile e più grande – di salvare la dignità di una comunità, di difendere la sua memoria, di non lasciare che venga sepolta dal sarcasmo dei falsi devoti e dall’indifferenza dei lontani.
San Rocco non è uscito il 16 agosto. Forse un segno. Forse un avvertimento. O si cambia o si muore. Ma cambiare significa smettere di aspettare che il miracolo cada dal cielo: significa tornare, vivere, lavorare, ricostruire.
Il tempo, però, è poco. Forse è già scaduto.
San Rocco, facci almeno questo dono: che la tua processione non sia ricordata come l’ultima.
Luigi Palamara Tutti I diritti riservati Roccaforte del Greco 23 agosto 2025
#roccafortedelgreco #aspromonte #sanrocco #editoriale #luigipalamara
@luigi.palamara W San Rocco A Roccaforte del Greco, il 23 agosto 2024, si è celebrata la festa del Patrono. Una processione che ha percorso strade semideserte, davanti a case abbandonate e finestre chiuse. Non c’era la folla, non c’era la vita di un tempo. C’era solo il silenzio, rotto dal suono lento delle campane e dal passo stanco di chi ancora resiste. Un paese che sopravvive alla geografia, ma che muore nella carne e nel cuore dei suoi abitanti. E allora la domanda s’impone: cosa resta di una comunità quando la comunità non c’è più? Non è questione di miracoli, ma di uomini che hanno smesso di credere non solo in Dio, ma in se stessi. Una civiltà che rinuncia a combattere è già sconfitta. E Roccaforte, come tanti paesi d’Italia, rischia di essere archiviata tra le voci di un bilancio demografico: cifra zero. Io grido l’indignato: “È uno scandalo vedere chi non ha mai amato questo paese, chi non ha mai rispettato San Rocco, venire a ridere, a deridere, a profanare.” Perché la fede non è folclore, non è mascherata da indossare un giorno all’anno. È dolore, è sacrificio, è appartenenza. E chi ride di questo, ride di una civiltà che muore. La tragedia nascosta dietro le porte chiuse: la solitudine dei vecchi rimasti, il dolore di chi ogni anno spera in un ritorno che non c’è, la nostalgia di chi da lontano ricorda il paese e non torna. La processione diventa allora metafora di una marcia funebre, lenta e inevitabile. Eppure qualcuno ha pregato. Qualcuno ha chiesto il miracolo. Non tanto quello di far rivivere un paese che cade a pezzi, ma quello – più umile e più grande – di salvare la dignità di una comunità, di difendere la sua memoria, di non lasciare che venga sepolta dal sarcasmo dei falsi devoti e dall’indifferenza dei lontani. San Rocco non è uscito il 16 agosto. Forse un segno. Forse un avvertimento. O si cambia o si muore. Ma cambiare significa smettere di aspettare che il miracolo cada dal cielo: significa tornare, vivere, lavorare, ricostruire. Il tempo, però, è poco. Forse è già scaduto. San Rocco, facci almeno questo dono: che la tua processione non sia ricordata come l’ultima. Luigi Palamara Tutti I diritti riservati Roccaforte del Greco 23 agosto 2014 #roccafortedelgreco #aspromonte #sanrocco #editoriale #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara ♬ original sound - 𝓜𝓱𝓪𝓻𝓴ᥫ᭡. - 𝘔𝘩𝘢𝘳𝘬
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