A chi crede di potermi intimidire
L'Editoriale di Luigi Palamara
Ancora una volta, l’intimidazione. Ancora una volta, la vecchia, miserabile strategia di chi non sa affrontare le idee e allora cerca di colpire chi le esprime.
Si tenta di piegare la Giustizia a strumento di vendetta personale. Si tenta di imbavagliare chi parla, come se il silenzio fosse una moneta di scambio. Non lo è, non lo sarà mai.
Ci sono esseri tanto piccoli da credere che la cattiveria, messa in branco, diventi forza. Non capiscono che la meschinità, moltiplicata, resta meschinità.
Vivono una vita senza spessore, fatta di invidia e livore, come topi che rosicchiano nell’ombra le scarpe di chi cammina dritto. Si illudono di ferire, ma in realtà si sbranano da soli, consumati dall’acido della loro stessa impotenza.
Io non ho paura. E non perché sia di ferro, ma perché conosco troppo bene il valore del tempo: quello che tutto restituisce, tutto giudica, tutto rimette al proprio posto.
Non sarà una denuncia costruita, una calunnia, un complotto da retrobottega a farmi tacere.
Ogni tentativo di abbattermi diventa mattone nella mia forza. Ogni ingiustizia che subisco diventa prova della mia coerenza.
E a te, che pensavi di disturbarmi, a te che vivi come un parassita attaccato alla pelle altrui, dico solo questo: non mi hai fatto niente.
Hai solo rivelato ciò che sei.
Il resto, lo farà il tempo — che non dimentica e non perdona, ma soprattutto, non sbaglia mai.
Luigi Palamara
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Reggio Calabria 27 ottobre 2025
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