L’Italia dei boiardi e dei mendicanti

L’Italia dei boiardi e dei mendicanti
L'Editoriale di Luigi Palamara 

Davvero non c’è limite all’ingordigia. Ogni tanto, in questo Paese abituato a digerire tutto, si alza una notizia che ti rimette lo stomaco a posto — o te lo rivolta del tutto. L’ex ministro Brunetta, già retribuito con un lauto stipendio di 250mila euro l’anno, ha pensato bene di portarselo a 310mila. Sessantamila euro in più: una cifra che per milioni di italiani rappresenta la sopravvivenza di anni interi.

E mentre il Paese affonda tra bollette, stipendi da fame e supermercati che sembrano banche, c’è chi vive nel suo piccolo Olimpo dorato, convinto che gli altri debbano continuare a portargli offerte sull’altare del potere. È il teatro dell’Italia ufficiale: quella che non produce, non crea, non rischia. Ma incassa.

Il problema, però, non è Brunetta. O non solo. È la corte dei boiardi di Stato, eterni intoccabili, che scorrono da un incarico all’altro come figurine lucide, con stipendi che insultano la decenza e risultati che evaporano al sole. Una casta che non si misura con il merito ma con la fedeltà, non con l’efficacia ma con la permanenza.

E noi, spettatori stanchi, continuiamo a pagare il biglietto per assistere alla rappresentazione di questo Paese rovesciato. Dove chi lavora dodici ore al giorno per un tozzo di pane viene trattato come un peso morto, mentre chi galleggia tra poltrone e consigli d’amministrazione viene premiato come un salvatore della patria.

La verità è che l’Italia non è più povera solo nei conti: è povera di pudore. E finché continueremo a giustificare il privilegio con la solita rassegnazione — “così vanno le cose” — allora meriteremo di essere governati da chi non ci guarda negli occhi ma dal retro del portafogli.

Non è questione di invidia, ma di etica. Perché un Paese che non sa più distinguere tra chi serve lo Stato e chi se ne serve, ha già smarrito la dignità.

Luigi Palamara 
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