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L'addio di Fabio Caserta al Catanzaro.Ci si lascia da uomini. Quando il calcio somiglia alla vita

L'addio di Fabio Caserta al Catanzaro.
Ci si lascia da uomini. Quando il calcio somiglia alla vita

Editoriale di Luigi Palamara 
Nel mondo del calcio, dove il rumore di fondo spesso sovrasta ogni parola, è raro imbattersi in un addio che non sa di veleno. Fabio Caserta ha lasciato il suo incarico come pochi sanno fare oggi: senza rancore, senza attacchi, senza quel risentimento che troppo spesso accompagna i saluti nel pallone. Ha lasciato, invece, con gratitudine. E con quella parola sempre più difficile da pronunciare: eleganza.

Le nostre strade si sono divise, ma conta anche come ci si lascia. E noi lo abbiamo fatto da persone perbene.
Questa frase dice tutto. È una lezione, non solo per chi vive di sport, ma per chiunque abbia amato qualcosa — un mestiere, un luogo, un'idea — e abbia poi dovuto lasciarlo andare. C'è chi avrebbe sorriso leggendo quelle righe. Perché il vero stile non è mai nell’abbigliamento, ma nei modi. E Caserta dimostra che si può perdere un incarico senza perdere la dignità.

Il suo bilancio è sobrio, mai autocompiaciuto: ha fatto più del previsto, ha percepito affetto, ha cercato di farsi apprezzare come uomo prima ancora che come tecnico. In tempi in cui tutto si misura in like, follower e risultati, c’è qualcosa di antico — e proprio per questo rivoluzionario — in chi mette al centro la persona.

Per chi ha studiato i legami e i moti del cuore avrebbe parlato di una “relazione compiuta”. Non perfetta, ma vera. Caserta ha costruito un legame con una piazza, con la tifoseria, con uno spogliatoio. Poi, quando le visioni non hanno più coinciso, ha avuto il coraggio di voltarsi senza aggrapparsi. Perché l’amore maturo, anche nel calcio, non chiede di durare per forza: chiede solo di non finire male.

E infine, la frase più saggia e più scomoda: Non è giusto fare i conti nelle tasche degli altri”. In un'epoca in cui tutti pretendono tutto da tutti, Caserta afferma un principio che pare venire da un altro secolo: la libertà dell’altro va rispettata. Anche quando decide di non tenerci. Anche quando si chiude una porta che avremmo voluto ancora aperta.

Questa non è solo la fine di una stagione. È la dimostrazione che, anche nello sport, si può uscire di scena a testa alta.
Con un sorriso, un grazie e nessun livore.
E quella parola ormai quasi dimenticata: decoro.

– Luigi Palamara 
21 giugno 2025

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