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La giustizia dorme, l’ingiustizia galoppa: il tempo rubato e l’inganno del potere

La giustizia dorme, l’ingiustizia galoppa: il tempo rubato e l’inganno del potere
Editoriale di Luigi Palamara


Ci hanno sempre detto che la giustizia ha i suoi tempi. Che bisogna attendere, con pazienza, come si aspetta che maturi un frutto sull’albero. Ma quel che nessuno dice — o finge di non sapere — è che mentre la giustizia si attarda, l’ingiustizia non aspetta. Corre. Si infiltra. Scava come l’acqua nella roccia. Penetra nei tribunali e nei corridoi del potere, ma soprattutto nel cuore e nella mente di chi la subisce.

È qui che si consuma il vero dramma italiano: una giustizia lenta che finisce per essere complice. Non per malizia, ma per abbandono. Troppo spesso, chi ha torto ne approfitta e chi ha ragione soccombe. Perché? Perché si giudica senza collegare, si separano i casi come se il contesto non contasse. E così, tra faldoni impolverati e sentenze sospese, a vincere è sempre l’astuto, il truffatore, piccolo o grande che sia.

Questo non è solo un fallimento tecnico. È una metastasi. Una malattia che logora silenziosamente la fiducia nello Stato. Perché la fiducia, come l’amore, si costruisce giorno dopo giorno. E basta una sola crepa — un’ingiustizia palese, una causa che non finisce mai — perché crolli tutto.

Eppure siamo in un momento di svolta. Di quelli che fanno tremare la Storia. Ma attenzione: è proprio nei momenti di crisi che le scorciatoie autoritarie si travestono da soluzioni. Ci promettono ordine, giustizia rapida, decisionismo. Ma in cambio vogliono il nostro bene più prezioso: la libertà. La libertà di vivere, di scegliere, di sbagliare persino. Di disporre del proprio tempo, che è l’unica vera ricchezza dell’uomo.

Oggi la giustizia italiana non ci toglie solo sentenze: ci ruba il tempo. E il tempo, a differenza del denaro o della reputazione, non torna mai. È un furto silenzioso, ma devastante. E nessuno pagherà per questo.

Per questo il cambiamento non può più essere rinviato. Deve essere radicale, epocale. Non solo in Italia, ma nel mondo intero. Perché oggi, troppo spesso, ciò che chiamiamo “mondo moderno” assomiglia alla preistoria: bande armate di potere, violenza sistemica, popoli ridotti al silenzio, e sullo sfondo l’eterno spettacolo della morte dell’innocente.

Serve una rivoluzione della coscienza. Una giustizia che sia veloce ma non sommaria, umana ma non lassista. Perché senza giustizia vera, anche la libertà è un’illusione. E senza libertà, non siamo che sopravvissuti.

Non è questione di riforme. È questione di civiltà.

Si può parlare di società e civiltà in trasformazione.  Oppure graffiare con l’ironia amara del giornalista veterano. Ma in entrambi i casi, oggi: questo tempo non si può più perdere.

Mettiamoci una pezza altrimenti è  la fine.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati

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