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Luigi Palamara sempre dalla parte sbagliata, quella giusta è monopolio degli altri. Si fa per dire ovviamente.

Luigi Palamara sempre dalla parte sbagliata, quella giusta è monopolio degli altri. Si fa per dire ovviamente.

Editoriale di Luigi Palamara 


Mi accusano. A volte con parole rotonde, altre con sputi secchi e anonimi. Mi dicono: sei fazioso. Hanno ragione — ma solo a metà. Fazioso no. Parziale, sì. Sempre. Dalla parte sbagliata, quella giusta: la parte di chi non ha voce, non ha forza, non ha padrini. La parte degli ultimi.

La mia penna non è neutra perché non lo è il mio sangue. Né la mia terra.

Sono nato calabrese, e non come un accidente geografico, ma come una condanna scelta e rivendicata. A Roccaforte del Greco, nell’Aspromonte, l’altitudine è più morale che fisica. Là dove anche il pane ha il sapore della fatica, e il silenzio della montagna pesa più delle parole dei ministri.

La mia opinione — ché questo è e non lo nascondo — non si vende a buon mercato. Non ha bisogno di equilibrio fasullo o di par condicio da salotto. La mia è un'opinione in piedi, con la schiena dritta, a volte sporca di terra, a volte rossa di rabbia. Ma sempre figlia di una coscienza, non di una convenienza.

Non sono mai stato con il potere, perché il potere ha già abbastanza alleati. E non ha bisogno di me. Gli ultimi, invece, sì. E a loro — ai dimenticati, agli sfruttati, agli invisibili — dedico righe come queste. Senza censura, senza maquillage, senza paura.

Scrivo perché è l’unica forma di dignità che mi resta. E perché, come diceva un vecchio del mio paese, “chi ha visto la fame negli occhi, non si inchina mai davanti all’oro”.

Piaccia o no, questo è. Carta straccia, forse. Ma mia.

Luigi Palamara

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