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Statistica e servitù: il nuovo galateo della politica

Statistica e servitù: il nuovo galateo della politica

Editoriale:  di Luigi Palamara


Vi è un nuovo sport nella politica italiana — che nuovo non è affatto, in verità — ed è quello dell’interpretazione servile dei numeri. I dati, si sa, non votano. Ma possono far votare, se piegati con la giusta torsione dialettica. E così, ogni sondaggio diventa vangelo, ogni percentuale un dogma, ogni grafico un’arma di propaganda.

Il problema non è nei numeri, che sono muti e in fondo innocenti. Il problema è in chi li maneggia. Gente che, invece di leggere la realtà, la riscrive. E lo fa con zelo degno di miglior causa. Perché si sa: al potere non si dice mai di no. Si annuisce, si amplifica, si distorce. Purché il padrone sia contento.

Ma il pubblico — quello vero, quello che non campa di incarichi e prebende — non è cieco. E nemmeno scemo. “Nisciuno è fesso”, direbbe il Principe De Curtis. E se lo si prende troppo a lungo per i fondelli, prima o poi reagisce. Magari in cabina elettorale, dove non servono titoli né portavoce.

Alla fine, il vizio resta sempre lo stesso: scambiare la comunicazione per sudditanza, il giornalismo per adulazione, la democrazia per un teatrino dove recitano sempre gli stessi. Ma a furia di manipolare i numeri, si finisce per credere alle proprie bugie. Ed è lì che comincia la caduta.

Il consiglio è semplice, quasi banale: diteci la verità. Nuda, cruda, anche scomoda. Perché la verità, a differenza della propaganda, ha un difetto meraviglioso: non ha bisogno di essere spiegata.

Luigi Palamara

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