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Il ponte di Salvini: sogno di acciaio o "fuffa" di Stato? L'INTERVISTA A VINCENZO SACCÀ GIÀ SINDACO DI SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE

Il ponte di Salvini: sogno di acciaio o "fuffa" di Stato?

L'INTERVISTA A VINCENZO SACCÀ GIÀ SINDACO DI SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE


Penale da 1,5 miliardi se non si costruisce. Un paradosso che non ha eguali negli appalti pubblici.

"In Italia siamo capaci di tutto. Persino di pagare un miliardo e mezzo per non costruire un ponte. Il ponte sullo Stretto non unisce ancora Sicilia e Calabria, ma ha già legato mani e tasche dello Stato. E in testa al corteo, tra slogan e magliette di Putin, c’è Matteo Salvini: il ministro dei cantieri immaginari."

"Il ponte sullo Stretto non è un’opera: è una scommessa d’azzardo giocata con i soldi degli italiani. E a puntare le fiches più grosse è Matteo Salvini, il ministro che cambia idea come cambia maglietta: oggi ‘Sì ponte’, ieri Putin. Ma qui non si gioca a poker: qui si rischia di regalare un miliardo e mezzo per un’opera che potrebbe restare solo un disegno su carta."

Un sogno sospeso sullo Stretto
Per qualcuno il ponte è il simbolo di un’Italia che osa. Per altri, un incubo di cemento e propaganda. Per lo Stato, è già una certezza: miliardi di euro impegnati, prima ancora di vedere un bullone.

Non parlo da geologo né da ingegnere. Non contesto la sfida tecnologica: l’uomo deve puntare in alto. Ma un conto è costruire, un conto è costruire con chi.

Salvini, il venditore di slogan
Matteo Salvini è il capo cordata. Lo stesso che un tempo indossava la maglietta di Putin — “meglio un Putin di quattro Mattarella” — insultando non solo il Capo dello Stato, ma la Repubblica intera.
Lo stesso che, da ministro, chiedeva “pieni poteri” in spiaggia, accusava cittadini in diretta TV, prometteva l’abolizione della Fornero e poi aumentava l’età pensionabile.

Un leader così, alla guida di un’opera da decine di miliardi, è come affidare una Ferrari a chi ha appena preso la patente… su YouTube.

La cordata degli “affidabili”
Attorno a lui, nomi che non rassicurano:

Pietro Ciucci, burocrate di Stato che da capo dell’ANAS ha accumulato scuse tecniche e progetti fantasma.

Denis Verdini, suocero di Salvini, nome che evoca processi e manovre di corridoio.

Pietro Lunardi, ex ministro e imprenditore delle grandi opere.

Un cocktail di interessi, amicizie e precedenti discutibili. Una miscela esplosiva.
Il colpo di teatro: la penale da 1,5 miliardi
Ecco il vero paradosso: se il ponte non si farà, l’Italia dovrà pagare 1 miliardo e mezzo di euro di penale alla ditta appaltatrice.
Un’opera fantasma che costerebbe come un’opera vera.

In qualsiasi appalto serio, chi non realizza paga. Qui, invece, si premia chi non costruisce. Una beffa che fa impallidire anche la peggior commedia all’italiana.

Il rischio di un disastro annunciato
Sessantamila operai stipati a Villa San Giovanni, ventimila auto al giorno, cantieri che paralizzano la viabilità e un progetto definitivo che ancora non esiste.
Il tutto condito da proclami da campagna elettorale: “si parte subito”.

Se il copione non cambia, il ponte sullo Stretto sarà ricordato non come il sogno di un secolo, ma come la più grande truffa infrastrutturale della storia italiana.
Un ponte che, invece di unire, rischia di seppellire sotto acciaio e debiti la speranza del Sud.

Eppure, a guardare lo Stretto nelle giornate di vento, si capisce perché il ponte seduca. È l’illusione di domare il mare, di cucire due terre che si guardano senza toccarsi.
Ma il Sud conosce bene il peso delle promesse tradite: qui le grandi opere nascono nei comizi e muoiono nei faldoni.
Se la storia si ripeterà, resteranno solo cantieri arrugginiti, polvere e la certezza che, ancora una volta, il sogno di unire è servito solo a dividere.

In fondo, gli italiani non sono contro il ponte. Sono contro il conto.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 13 agosto 2025

#vincenzosaccà #podcast #luigipalamara #reggiocalabria
#pontesullostretto

@luigi.palamara Il ponte di Salvini: sogno di acciaio o "fuffa" di Stato? L'INTERVISTA A VINCENZO SACCÀ GIÀ SUNDACO DI SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE Penale da 1,5 miliardi se non si costruisce. Un paradosso che non ha eguali negli appalti pubblici. "In Italia siamo capaci di tutto. Persino di pagare un miliardo e mezzo per non costruire un ponte. Il ponte sullo Stretto non unisce ancora Sicilia e Calabria, ma ha già legato mani e tasche dello Stato. E in testa al corteo, tra slogan e magliette di Putin, c’è Matteo Salvini: il ministro dei cantieri immaginari." "Il ponte sullo Stretto non è un’opera: è una scommessa d’azzardo giocata con i soldi degli italiani. E a puntare le fiches più grosse è Matteo Salvini, il ministro che cambia idea come cambia maglietta: oggi ‘Sì ponte’, ieri Putin. Ma qui non si gioca a poker: qui si rischia di regalare un miliardo e mezzo per un’opera che potrebbe restare solo un disegno su carta." Un sogno sospeso sullo Stretto Per qualcuno il ponte è il simbolo di un’Italia che osa. Per altri, un incubo di cemento e propaganda. Per lo Stato, è già una certezza: miliardi di euro impegnati, prima ancora di vedere un bullone. Non parlo da geologo né da ingegnere. Non contesto la sfida tecnologica: l’uomo deve puntare in alto. Ma un conto è costruire, un conto è costruire con chi. Salvini, il venditore di slogan Matteo Salvini è il capo cordata. Lo stesso che un tempo indossava la maglietta di Putin — “meglio un Putin di quattro Mattarella” — insultando non solo il Capo dello Stato, ma la Repubblica intera. Lo stesso che, da ministro, chiedeva “pieni poteri” in spiaggia, accusava cittadini in diretta TV, prometteva l’abolizione della Fornero e poi aumentava l’età pensionabile. Un leader così, alla guida di un’opera da decine di miliardi, è come affidare una Ferrari a chi ha appena preso la patente… su YouTube. La cordata degli “affidabili” Attorno a lui, nomi che non rassicurano: Pietro Ciucci, burocrate di Stato che da capo dell’ANAS ha accumulato scuse tecniche e progetti fantasma. Denis Verdini, suocero di Salvini, nome che evoca processi e manovre di corridoio. Pietro Lunardi, ex ministro e imprenditore delle grandi opere. Un cocktail di interessi, amicizie e precedenti discutibili. Una miscela esplosiva. Il colpo di teatro: la penale da 1,5 miliardi Ecco il vero paradosso: se il ponte non si farà, l’Italia dovrà pagare 1 miliardo e mezzo di euro di penale alla ditta appaltatrice. Un’opera fantasma che costerebbe come un’opera vera. In qualsiasi appalto serio, chi non realizza paga. Qui, invece, si premia chi non costruisce. Una beffa che fa impallidire anche la peggior commedia all’italiana. Il rischio di un disastro annunciato Sessantamila operai stipati a Villa San Giovanni, ventimila auto al giorno, cantieri che paralizzano la viabilità e un progetto definitivo che ancora non esiste. Il tutto condito da proclami da campagna elettorale: “si parte subito”. Se il copione non cambia, il ponte sullo Stretto sarà ricordato non come il sogno di un secolo, ma come la più grande truffa infrastrutturale della storia italiana. Un ponte che, invece di unire, rischia di seppellire sotto acciaio e debiti la speranza del Sud. Eppure, a guardare lo Stretto nelle giornate di vento, si capisce perché il ponte seduca. È l’illusione di domare il mare, di cucire due terre che si guardano senza toccarsi. Ma il Sud conosce bene il peso delle promesse tradite: qui le grandi opere nascono nei comizi e muoiono nei faldoni. Se la storia si ripeterà, resteranno solo cantieri arrugginiti, polvere e la certezza che, ancora una volta, il sogno di unire è servito solo a dividere. In fondo, gli italiani non sono contro il ponte. Sono contro il conto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 13 agosto 2025 #vincenzosaccà #podcast #luigipalamara #reggiocalabria #pontesullostretto ♬ suono originale - Luigi Palamara

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