Io, giornalista di strada, sfido Occhiuto

Io, giornalista di strada, sfido Occhiuto
di Luigi Palamara


Caro Presidente Occhiuto,

io non chiedo elemosine. Non mi interessano i tuoi centomila euro promessi a chi ripopolerà i paesi interni. Io da quei paesi vengo. Ci sono nato. Li ho visti svuotarsi, morire, diventare fantasmi. Roccaforte del Greco è il mio paese: se ci entri, senti l’eco, non le voci. E non c’è bando europeo che possa ridare sangue a un corpo ormai in putrefazione.

Io non chiedo soldi. Io chiedo parole. Un’intervista. Un faccia a faccia. Io e te, davanti a un microfono, a parlare non di statistiche ma di verità. A parlare alla nostra gente, che ti legge nei comunicati e mi legge nelle strade, sui social, nelle mie righe libere, senza padrini e senza padroni.

Sai, Presidente, io non ho un giornale dove scrivere. O non mi hanno pagato, o non mi hanno voluto, o forse sono stato troppo libero per piegarmi a chi comanda. Ma la gente mi segue. Lo sai. Quando scrivo di te, centinaia di migliaia di calabresi leggono. Perché non ho filtri. Perché non ho uffici stampa a dettarmi la linea. Perché io sono un giornalista di strada, e la strada ha più dignità di mille redazioni vendute.

Tu dici di voler salvare i piccoli borghi. E allora dimostra di avere il coraggio di ascoltare chi viene da lì. Non da un ufficio romano, non da un assessorato con aria condizionata, ma dall’Aspromonte. Dimostra di essere calabrese non solo sulla carta, ma nel cuore.

Un giornalista è libero quando non deve niente a nessuno se non alla sua coscienza e ai suoi lettori. Io quella libertà ce l’ho. La verità è sempre scomoda. Io quelle domande scomode voglio fartele. Guardandoti negli occhi.

Presidente, non è un favore che ti chiedo. È una sfida. Non a me, ma alla Calabria intera. Non accettarla significherebbe confermare che i nostri paesi possono morire in silenzio, senza nemmeno il diritto di una voce.

Io attendo. Con fiducia e con la schiena dritta.

Luigi Palamara
Artista e Giornalista Aspromontano

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