@luigi.palamara Luciano Gerardis. Corrado Alvaro e la Calabria che resiste L'Editoriale di Luigi Palamara Per fortuna esiste ancora un’Italia che resiste in silenzio. Non quella che urla nei talk show, non quella che si consuma nei palazzi del potere o si dissolve nei social network. È l’Italia dei doveri, della cultura come servizio, delle persone che fanno il proprio lavoro per rispetto delle istituzioni e della memoria. A San Luca, un piccolo paese dell’Aspromonte troppo spesso evocato per le sue ombre, qualcuno ha scelto di parlare di luce. Quel qualcuno è Luciano Gerardis, commissario della Fondazione Corrado Alvaro, e la sua voce — pacata ma ferma — racconta una Calabria diversa. Una Calabria che non chiede elemosine, ma dignità; che non rinnega le proprie radici, ma le trasforma in forza civile. “È stato un onore ricevere questo incarico,” dice. “L’ho accettato per senso del dovere istituzionale e per rispetto verso chi me lo ha conferito.” Parole d’altri tempi, verrebbe da dire. Parole che oggi suonano quasi strane in un Paese dove l’incarico è spesso sinonimo di privilegio, non di responsabilità. Eppure, in quell’accento calabrese che non teme la fatica, si avverte la sostanza dei servitori dello Stato, quelli veri, quelli che non si fanno pubblicità ma lavorano “in metà del tempo concesso”, come lui stesso ricorda, e poi restituiscono il testimone “a chi di competenza”. Un gesto semplice, ma oggi rivoluzionario. Il silenzio come forma di servizio Gerardis parla di un “lavoro silenzioso ma intenso”. Silenzioso, sì — perché la cultura non fa rumore, non buca lo schermo, non porta voti. Ma è proprio in quel silenzio che si costruisce la dignità di una comunità. E il suo racconto è la fotografia di un’Italia che sopravvive nei margini: professionisti, insegnanti, volontari che, senza compenso né gloria, si mettono al servizio di un ideale. “Tutti gli incarichi sono stati gratuiti e onorari,” dice. “Ma pieni di passione, competenza e professionalità.” È la stessa idea che muoveva Corrado Alvaro, l’intellettuale che amava la sua terra anche quando la criticava. Alvaro non fu mai un santino accademico, ma un uomo che guardò la Calabria negli occhi — con le sue miserie e la sua grandezza — e ne fece letteratura. Fu europeista ante litteram, giornalista di mondo e scrittore di paese, capace di narrare il dolore e la speranza di una terra condannata troppo spesso a essere fraintesa. La sfida della cultura: un investimento, non un lusso Gerardis lo sa: la cultura, oggi, non si regge da sola. “La Fondazione Corrado Alvaro non ha alcuna forma di autofinanziamento,” spiega. “Servono risorse, serve l’aiuto degli enti fondatori.” Una frase che dovrebbe pesare come una denuncia. Perché in Italia si spendono milioni per l’effimero, ma si lesina sulla memoria. Eppure, la cultura — quella vera, non quella da passerella — è l’unico cemento capace di tenere insieme le fondamenta di un popolo. La Fondazione Alvaro non chiede denaro per fare passerelle, ma per insegnare ai giovani chi siamo stati, e soprattutto chi potremmo tornare a essere. San Luca, cuore che batte nell’Aspromonte C’è un simbolo potente nelle parole del commissario: San Luca non sarà spogliata della sua Fondazione. Una dichiarazione di fedeltà, ma anche di riscatto. San Luca, luogo spesso evocato come ferita, diventa invece presidio culturale, spazio di pensiero, laboratorio di libertà. Gerardis vuole che la piazzetta davanti alla casa di Alvaro diventi “un punto d’incontro per studenti, accademici e cittadini”. Non un mausoleo, ma una piazza viva. Un luogo dove la cultura non sia appesa ai muri, ma respirata. I giovani, eredi naturali della memoria E poi c’è la parte che più colpisce, quella che sa di futuro: “Abbiamo coinvolto le scuole,” dice Gerardis. “I ragazzi sono fondamentali per diffondere il pensiero di Corrado Alvaro. Non vogliamo che resti solo un’icona accademica, ma che parli alle nuove generazioni.” È qui che si sente la lezione: la cultura come m
♬ suono originale - Luigi Palamara
Luciano Gerardis. Corrado Alvaro e la Calabria che resiste
L'Editoriale di Luigi Palamara
Per fortuna esiste ancora un’Italia che resiste in silenzio. Non quella che urla nei talk show, non quella che si consuma nei palazzi del potere o si dissolve nei social network.
È l’Italia dei doveri, della cultura come servizio, delle persone che fanno il proprio lavoro per rispetto delle istituzioni e della memoria.
A San Luca, un piccolo paese dell’Aspromonte troppo spesso evocato per le sue ombre, qualcuno ha scelto di parlare di luce.
Quel qualcuno è Luciano Gerardis, commissario della Fondazione Corrado Alvaro, e la sua voce — pacata ma ferma — racconta una Calabria diversa. Una Calabria che non chiede elemosine, ma dignità; che non rinnega le proprie radici, ma le trasforma in forza civile.
“È stato un onore ricevere questo incarico,” dice. “L’ho accettato per senso del dovere istituzionale e per rispetto verso chi me lo ha conferito.”
Parole d’altri tempi, verrebbe da dire. Parole che oggi suonano quasi strane in un Paese dove l’incarico è spesso sinonimo di privilegio, non di responsabilità. Eppure, in quell’accento calabrese che non teme la fatica, si avverte la sostanza dei servitori dello Stato, quelli veri, quelli che non si fanno pubblicità ma lavorano “in metà del tempo concesso”, come lui stesso ricorda, e poi restituiscono il testimone “a chi di competenza”.
Un gesto semplice, ma oggi rivoluzionario.
Il silenzio come forma di servizio
Gerardis parla di un “lavoro silenzioso ma intenso”.
Silenzioso, sì — perché la cultura non fa rumore, non buca lo schermo, non porta voti. Ma è proprio in quel silenzio che si costruisce la dignità di una comunità.
E il suo racconto è la fotografia di un’Italia che sopravvive nei margini: professionisti, insegnanti, volontari che, senza compenso né gloria, si mettono al servizio di un ideale.
“Tutti gli incarichi sono stati gratuiti e onorari,” dice. “Ma pieni di passione, competenza e professionalità.”
È la stessa idea che muoveva Corrado Alvaro, l’intellettuale che amava la sua terra anche quando la criticava.
Alvaro non fu mai un santino accademico, ma un uomo che guardò la Calabria negli occhi — con le sue miserie e la sua grandezza — e ne fece letteratura.
Fu europeista ante litteram, giornalista di mondo e scrittore di paese, capace di narrare il dolore e la speranza di una terra condannata troppo spesso a essere fraintesa.
La sfida della cultura: un investimento, non un lusso
Gerardis lo sa: la cultura, oggi, non si regge da sola.
“La Fondazione Corrado Alvaro non ha alcuna forma di autofinanziamento,” spiega. “Servono risorse, serve l’aiuto degli enti fondatori.”
Una frase che dovrebbe pesare come una denuncia.
Perché in Italia si spendono milioni per l’effimero, ma si lesina sulla memoria.
Eppure, la cultura — quella vera, non quella da passerella — è l’unico cemento capace di tenere insieme le fondamenta di un popolo.
La Fondazione Alvaro non chiede denaro per fare passerelle, ma per insegnare ai giovani chi siamo stati, e soprattutto chi potremmo tornare a essere.
San Luca, cuore che batte nell’Aspromonte
C’è un simbolo potente nelle parole del commissario: San Luca non sarà spogliata della sua Fondazione.
Una dichiarazione di fedeltà, ma anche di riscatto.
San Luca, luogo spesso evocato come ferita, diventa invece presidio culturale, spazio di pensiero, laboratorio di libertà.
Gerardis vuole che la piazzetta davanti alla casa di Alvaro diventi “un punto d’incontro per studenti, accademici e cittadini”.
Non un mausoleo, ma una piazza viva.
Un luogo dove la cultura non sia appesa ai muri, ma respirata.
I giovani, eredi naturali della memoria
E poi c’è la parte che più colpisce, quella che sa di futuro:
“Abbiamo coinvolto le scuole,” dice Gerardis. “I ragazzi sono fondamentali per diffondere il pensiero di Corrado Alvaro. Non vogliamo che resti solo un’icona accademica, ma che parli alle nuove generazioni.”
È qui che si sente la lezione: la cultura come missione civile, la scuola come baluardo, la parola come atto politico nel senso più alto.
Chi educa alla memoria educa alla libertà.
Chi educa al pensiero critico costruisce cittadini, non sudditi.
Il coraggio della normalità
Alla fine, l’intervento di Luciano Gerardis non è solo un bilancio amministrativo.
È una dichiarazione di fede nella forza della normalità.
Nel valore del fare senza clamore, del servire senza chiedere nulla, del credere che anche da un piccolo paese dell’Aspromonte possa partire un esempio di civiltà.
In un’Italia distratta, che dimentica i suoi intellettuali e spesso i suoi uomini migliori, la voce di Gerardis suona come una preghiera laica:
ricordarci che la cultura non è un lusso, ma una necessità.
E che la Calabria — quella vera, quella che lavora e non si arrende — è ancora viva, nonostante tutto.
Corrado Alvaro ne sarebbe fiero.
E forse, da qualche parte, sorriderebbe.
Luigi Palamara
Tutti I diritti riservati
Reggio Calabria 30 ottobre 2025
Commenti
Posta un commento
LASCIA IL TUO COMMENTO. La tua opinione è importante.