Il gioco delle ombre a Palazzo San Giorgio

Il gioco delle ombre a Palazzo San Giorgio
L'Editoriale di Luigi Palamara 

È arrivato il momento, nella politica reggina, in cui la commedia smette di divertire e inizia a rivelare il retroscena. A Reggio Calabria questo momento coincide con l’ennesimo rimpasto-blitz di Giuseppe Falcomatà, l’uomo che da undici anni guida la città e che, paradossalmente, si ritrova oggi osteggiato non dagli avversari, ma dalla sua stessa casa politica.

È un’immagine che colpisce: il sindaco che si alza dal tavolo prima che il Partito Democratico abbia finito di parlare. Un gesto di stizza? Di legittima difesa? O forse — come direbbero certi maestri del giornalismo — la constatazione che a un certo punto, quando ti tirano la sedia per troppo tempo, ti rimetti in piedi per evitare di cadere.

Perché, diciamolo chiaramente: Falcomatà non è un corpo estraneo al PD. È stato, per anni, uno dei suoi volti più riconoscibili nel territorio. E allora la domanda sorge spontanea, inevitabile, perfino doverosa: perché un partito dovrebbe mettere ai margini il suo uomo più esposto, più longevo, più rappresentativo?
È paura? È rivalità interna? È la solita malattia cronica dei partiti italiani, che consumano i propri leader anziché sostenerli?

Domande che nessuno si prende la briga di affrontare apertamente. E così si procede a colpi di atti politici, di messaggi indiretti, di ripicche che non hanno bisogno di essere pronunciate.

Dopo le designazioni regionali calate dall’alto — Alecci capogruppo, Ranuccio vicepresidente — Falcomatà ha reagito con la precisione chirurgica di chi non intende farsi mettere all’angolo. La revoca degli assessori Briante e Malara, firmata poche ore dopo la seduta del nuovo consiglio regionale, è stata questo: una risposta netta, secca, quasi un inciso politico più che un provvedimento amministrativo.

Il Pd, prevedibilmente, ha gridato allo scandalo. E come spesso accade, ha rispolverato i grandi principi: collegialità, dialogo, condivisione. Parole sacrosante, certo, ma che assumono un sapore singolare quando vengono pronunciate da chi, nelle settimane precedenti, aveva preso decisioni altrettanto unilaterali.

La verità — quella che nessuno ammette ma tutti conoscono — è che questa non è una lite improvvisa. È una lunga guerra fredda. Una storia fatta di abbracci di facciata e pugnalate politiche, di tregue mai durature, di fratture mai veramente ricucite.
E soprattutto, è la storia di un sindaco che da anni viene “sopportato” più che sostenuto dal suo partito.

Allora la domanda ritorna, più insistente: perché?
Perché indebolire l’uomo che rappresenta la continuità amministrativa?
Perché mettere ai margini chi — nel bene e nel male — ci ha messo la faccia per undici anni?
Perché tentare di estromettere quello che, numeri alla mano, è stato finora il principale presidio di governo del centrosinistra in città?

Intanto i nuovi assessori, Alex Tripodi e Annamaria Curatola, rappresentano due linee: la continuità politica interna e il valore della competenza accademica. Ma non sono loro il punto. Non lo sono mai le persone chiamate a riempire una casella.

Ciò che conta — ciò che spacca — è il metodo. Quello delle scelte fatte e disfatte nelle stanze chiuse. Quello delle liste decise altrove, lontano dal territorio. Quello dei silenzi che diventano ruggiti soltanto quando conviene.
E quello di un sindaco che, a un certo punto, ha deciso di dire basta.

Gli italiani non votano i migliori, votano i più simili ai loro difetti.”
“Non ci si può stupire del caos quando lo si coltiva come un giardino.”

Mai come oggi queste frasi sembrano cucite addosso alla realtà reggina.

Il PD annuncia valutazioni, reazioni, iniziative politiche. Falcomatà procede come se il partito fosse un ostacolo da aggirare più che un alleato. E in mezzo c’è una città che assiste, stanca, alla rappresentazione di un conflitto che dura da troppo tempo.

E allora, forse, è giunta l’ora di porsi l’unica domanda che davvero conta:
Reggio merita che il destino di chi la guida venga deciso da equilibri interni di partito o dalla volontà dei cittadini?

Perché mentre a Palazzo San Giorgio si combattono guerre intestine, la realtà — quella vera, quella fatta di cantieri, PNRR, partecipate, servizi e disagi — continua a bussare alla porta.

E non ha più alcuna intenzione di aspettare.

Luigi Palamara 
Tutti i diritti riservati 
Reggio Calabria 14 novembre 2025

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