La fuga degli intellettuali immaginari"Abbiamo deciso di non leggerti più "

La fuga degli intellettuali immaginari
"Abbiamo deciso di non leggerti più "
L'Editoriale di Luigi Palamara


E non smetterò mai di stupirmi ...

Esiste un momento, nella vita pubblica come in quella privata, in cui il boato non arriva: arriva il fruscio. Il bisbiglio. Il pettegolezzo travestito da indignazione. Ti dicono — con la sicurezza dei pavidi quando si sentono in branco — abbiamo deciso di non leggerti più.

E subito ti domandi: “Perché?”. Ma la risposta non arriva. O meglio, arriva dopo. E non è un ragionamento: è un cattivo odore. Il tanfo di una piccola viltà.

Perché non mi leggono più?
Non certo per un improvviso rigurgito di pensiero critico. No. È per quella caratteristica tipicamente umana, e tipicamente mediocre, di evitare ciò che non si comprende, rifugiandosi in ciò che conferma se stessi. È la forma moderna dell’autodafé: invece di bruciare i libri, si smette di aprirli. Più comodo. Meno impegnativo. E soprattutto meno rischioso, perché leggere significa mettere in discussione il proprio cervello. E non è un esercizio per tutti.

Si organizza così una piccola congiura da cortile: dieci persone — contate, pesate e misurate — che, nel loro entusiasmo da dilettanti del sabotaggio, si convincono che smettendo di leggerti riusciranno a diminuirti. Come se la luce del sole potesse essere spenta chiudendo le persiane.

E qui viene la parte ironica, quasi comica: mentre questi signori si esercitano nella loro protesta in miniatura, la tua popolarità cresce. E cresce proprio perché provano a soffocarla. È la regola antica del fuoco: più cerchi di soffocarlo, più divampa. Non è un miracolo: è la conseguenza naturale dell’intelligenza che spaventa l’ignoranza, e dell’indipendenza che irrita chi vive di appartenenza.

Ora, non resta molto da spiegare.
Una decina di persone ha deciso di auto–estinguersi dalla conversazione. Che facciano pure. Non è un danno: è una liberazione. Una folla inutile che si dilegua da sola è sempre una buona notizia.

Chi resta, resta perché vuole leggere, discutere, capire.
Gli altri, che si tengano la loro spazzatura: è l’unico luogo in cui possono ancora sentirsi al sicuro.

Luigi Palamara
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