Genova non aspetta più nessuno
L'Editoriale di Luigi Palamara
Arriva un punto, nella vita delle città come in quella degli uomini, in cui la pazienza cessa di essere virtù e diventa complicità. Genova quel punto l’ha raggiunto da un pezzo: precisamente da quando, sette anni fa, il Ponte Morandi cadde portando con sé quarantatré vite e un’intera comunità scoprì quanto possa essere feroce l’indifferenza di uno Stato che promette, indaga, convoca tavoli — e poi si dimentica di mantenere.
Oggi la sindaca Silvia Salis ha deciso di non prestarsi oltre al gioco dell’attesa. Ha diffidato il ministro Salvini, e con lui MIT, ANAS e Autostrade/SPEA. Diffidato, sì: parola antica, pesante “un sasso lanciato contro il torpore burocratico”. È come un atto di guerra civile contro la viltà dell’inerzia.
Perché qui l’inerzia non è un dettaglio: è una colpa. Una colpa che pesa come il calcestruzzo crollato quel maledetto 14 agosto.
I risarcimenti non arrivano, le responsabilità si sfumano, le carte viaggiano più lentamente di ciò che resta del ponte. E mentre i ministeri rimandano, e le grandi società si trincerano dietro scadenze e cavilli, Genova resta lì: con le sue ferite coperte ma non guarite, con famiglie che non chiedono vendette ma giustizia, e con una sicurezza infrastrutturale che non dovrebbe mai essere materia di trattativa.
La sindaca avverte: o pagano, o si va in tribunale.
E forse è questo il segnale più politico — e più umano — dell’intera vicenda: la consapevolezza che chi guida una città deve, prima di tutto, difenderla. Anche a costo di diventare scomodo. Anche a costo di prendere di petto chi, per ruolo e potere, non è abituato a essere messo sotto accusa.
È un gesto di rottura. E di verità.
Perché dopo sette anni non ci sono più scuse, né ritardi accettabili. Ci sono solo doveri non assolti.
Genova lo dice chiaro: basta rinvii, basta burocrazie, basta politica che si divide sul dolore degli altri. I soldi vadano alle famiglie. Le responsabilità escano dalla nebbia. Lo Stato — quello vero, non quello delle conferenze stampa — faccia ciò che deve.
E se non lo farà spontaneamente, c’è chi, finalmente, glielo imporrà.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati Reggio
14 novembre 2025
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