La sinistra dei salotti lasci stare il makeup di Giorgia Meloni.
L'Editoriale di Luigi Palamara
Esiste un’Italia che lavora, che s’arrangia, che paga le tasse e tira avanti. E poi ce n’è un’altra — quella dei salotti buoni, dei convegni autoreferenziali, delle librerie con più ideologia che libri letti — che pontifica su tutto e su tutti. È da lì che partono le perle di saggezza di certi “intellettuali”, quelli che riescono a spiegare perché gli italiani votano Giorgia Meloni: “per il suo makeup”.
Mai idiozia fu più rivelatrice.
Non dell’oggetto del giudizio — Meloni, che piaccia o no, ha conquistato il consenso con la forza della coerenza e dell’identità — ma di chi lo pronuncia. Perché dietro quella frase c’è tutto: la supponenza di una sinistra che non sa più guardare fuori dalla finestra, la presunzione di superiorità morale, il fastidio per un popolo che non vota come dovrebbe, cioè come loro.
È la sinistra che si crede ancora maestra di civiltà, ma che non ha più né discepoli né argomenti. Una sinistra che predica l’umiltà altrui senza mai praticarla su sé stessa. Parlano tra loro, si applaudono tra loro, si convincono tra loro. Nel frattempo, il Paese cambia marcia.
Giorgia Meloni — che lo si voglia ammettere o meno — interpreta questa distanza meglio di chiunque altro. E quando dice che certi ambienti vivono in un mondo dorato, separato dalla realtà, non fa che constatare l’ovvio.
Come darle torto?
La sinistra italiana, quella dei manifesti e dei moralismi, è ormai una nave senza bussola, che tenta di navigare a vista in un mare che non riconosce più. Manca d’iniziativa, d’immaginazione, di coraggio. Ha perso la voce perché ha smarrito l’ascolto.
E mentre si interroga su rossetti e fard, l’Italia vera — quella che ogni mattina prende un treno, un furgone o una speranza — le ha già voltato le spalle.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
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@luigi.palamara La sinistra dei salotti e l’Italia reale lasci stare i makeup di Giorgia Meloni. L'Editoriale di Luigi Palamara Esiste un’Italia che lavora, che s’arrangia, che paga le tasse e tira avanti. E poi ce n’è un’altra — quella dei salotti buoni, dei convegni autoreferenziali, delle librerie con più ideologia che libri letti — che pontifica su tutto e su tutti. È da lì che partono le perle di saggezza di certi “intellettuali”, quelli che riescono a spiegare perché gli italiani votano Giorgia Meloni: “per il suo makeup”. Mai idiozia fu più rivelatrice. Non dell’oggetto del giudizio — Meloni, che piaccia o no, ha conquistato il consenso con la forza della coerenza e dell’identità — ma di chi lo pronuncia. Perché dietro quella frase c’è tutto: la supponenza di una sinistra che non sa più guardare fuori dalla finestra, la presunzione di superiorità morale, il fastidio per un popolo che non vota come dovrebbe, cioè come loro. È la sinistra che si crede ancora maestra di civiltà, ma che non ha più né discepoli né argomenti. Una sinistra che predica l’umiltà altrui senza mai praticarla su sé stessa. Parlano tra loro, si applaudono tra loro, si convincono tra loro. Nel frattempo, il Paese cambia marcia. Giorgia Meloni — che lo si voglia ammettere o meno — interpreta questa distanza meglio di chiunque altro. E quando dice che certi ambienti vivono in un mondo dorato, separato dalla realtà, non fa che constatare l’ovvio. Come darle torto? La sinistra italiana, quella dei manifesti e dei moralismi, è ormai una nave senza bussola, che tenta di navigare a vista in un mare che non riconosce più. Manca d’iniziativa, d’immaginazione, di coraggio. Ha perso la voce perché ha smarrito l’ascolto. E mentre si interroga su rossetti e fard, l’Italia vera — quella che ogni mattina prende un treno, un furgone o una speranza — le ha già voltato le spalle. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati #giorgiameloni #makeup #fratelliditalia #destra #sinistra ♬ suono originale - Luigi Palamara
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