Le voci degli altri.

Le voci degli altri.
L'Editoriale di Luigi Palamara

Io adoro ascoltare le persone. È una forma di quiete, una cura per l’anima. Nei bar ddel centro, in fila alla posta, nei corridoi dei palazzi istituzionali dove le parole sanno di caffè tiepido — mi piace sentire come la gente prova a dare un senso al mondo. Ogni voce è una piccola confessione, un tentativo di resistere al silenzio. È come sfogliare un libro di filosofia scritto a più mani, con le dita segnate dalla fatica quotidiana, e la copertina lucida del supermercato a custodirne i pensieri.

Ma, come per ogni cosa che dà consolazione, c’è un prezzo da pagare. Perché accanto alle storie che sanno di vita, di coraggio e di verità spoglia, arrivano anche le parole stanche, le lamentele che si ripetono come preghiere, le convinzioni gonfie di rabbia o di paura. C’è chi cambia idea nel giro di un respiro, chi difende e poi rinnega, chi parla d’amore e non sa più guardare negli occhi.

A volte mi sembra di assistere a una commedia triste, dove gli attori recitano ruoli che non hanno scelto, e ognuno cerca di non far vedere la propria stanchezza. Eppure, dentro quel disordine di voci, ogni tanto una parola sincera si alza — detta da una nonna al banco del mercato, dalla fioraia che saluto tutte le mattine e mi sorride, da un ragazzo che mi guarda, mi saluta e mi chiama per nome — e illumina quel momento  come una piccola grazia.

Allora capisci che la saggezza non abita nei libri o nei discorsi che vogliono spiegare tutto, ma nelle pieghe umili della vita, nei gesti di chi non sa di essere maestro di nessuno.

Quando torno a casa, dopo una giornata di voci, di silenzi e di piccoli miracoli nascosti nelle parole, mi sento insieme svuotato e pieno. Forse è così che si trasmette la verità: come un contagio lieve, che passa di persona in persona, senza chiedere il permesso, lasciando un segno che dura più delle parole. Ed io intanto continuo ad imparare ... ascoltando le voci e le parole degli altri.

Luigi Palamara
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