Si cambia o si muore

Si cambia o si muore
L'Editoriale di Luigi Palamara


Certo, cambiare le carte in tavola al fotofinish dà fastidio.
Dà fastidio a chi ci ha creduto, a chi ha giocato secondo le regole e magari pensava che, almeno questa volta, la partita fosse pulita. Ma la politica — quella vera — non è un pranzo di gala, né una partita di calcetto tra amici della domenica. È un mestiere feroce, fatto di scelte, di strategie, di difesa e di attacco.

Eppure, come nel calcio, ci sono i fuoriclasse e i panchinari. Gli uni corrono verso la porta, gli altri gridano “al fallo” appena toccano palla. Ma la differenza, in politica come nello sport, la fa chi sa segnare per il bene della squadra, non per il proprio tabellino personale.

Ogni mossa ha il suo effetto farfalla. Nulla passa inosservato, e tutto — persino il più piccolo passo falso — incide non solo negli equilibri del potere, ma anche in quel fragile sentimento collettivo che chiamiamo fiducia. E quando la fiducia vacilla, il pubblico — che non è scemo — fischia.

La partita, certo, diventa più intrigante. Ma poi arriva il momento in cui bisogna smettere di giocare e iniziare a governare. È lì che si misura la statura dei protagonisti: quando si passa dai cori alle leggi, dagli slogan alle soluzioni. Il resto è teatro di provincia.

Perché, vedete, lo scopo della politica dovrebbe essere uno solo: risolvere i problemi della gente, non quelli dei partiti. E quando questo equilibrio si rompe, quando la logica di bottega prevale sulla ragion di Stato, allora non si fa più politica: si fa mercimonio.

Ogni movimento, ogni partito, vive e cambia — o muore. Arroccarsi, difendere a oltranza la propria postazione come un castello assediato, non è segno di forza, ma di paura. E la paura, in politica, ha un solo effetto: far scappare l’avversario e tradire gli alleati.

Il rischio, allora, non è la sconfitta. È l’impostura.
È credersi ancora vivi quando si è già un monumento al passato.

Ecco perché “il coraggio di cambiare è l’unica forma di conservatorismo intelligente”. Perché chi resta fermo, in un mondo che corre, non è prudente: è finito.

Ed è inaccettabile, oggi come ieri, tentare di far fuori il migliore solo perché brilla più degli altri. L’invidia, in politica, è la più volgare delle malattie professionali: non uccide subito, ma consuma tutto, lentamente, dall’interno.

Non va allontanato nessuno. Né chi ha idee, né chi ha coraggio.
Chi non capisce questo non andrà lontano.
Perché in politica, come nella vita, si cambia o si muore. E chi non sa cambiare, è già morto.

Luigi Palamara
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