Il fuoco amico non sbaglia mai bersaglio.
L'Editoriale di Luigi Palamara
Chissà perché, di fronte a questo ennesimo teatrino della politica reggina, torna alla memoria quella frase di Italo Falcomatà: “L’esempio è la fonte del pensiero successivo.”
Forse perché, a ben guardare, l’esempio c’è stato. È stato chiaro, limpido, scolpito nella storia della città. Ma il pensiero successivo, quello no: si è perso nei corridoi, nelle ambizioni meschine, nelle guerre tra comparse che si credono protagonisti.
Arriva sempre un istante — inevitabile, quasi fisiologico — in cui la politica smette di essere governo e diventa messinscena. Non un dramma di Shakespeare, badate bene: non abbiamo questa fortuna. Ma una commedia stanca, recitata da attori improvvisati che dimenticano le battute mentre inciampano sui propri costumi sgualciti. A Palazzo San Giorgio questo istante non è arrivato oggi. Ci vive da tempo.
Il PD calabrese, impegnato nel suo sport preferito — l’autosabotaggio — ha tentato l’ennesima manovra di potere degna di un dopolavoro ferroviario: eliminare Giuseppe Falcomatà. Pensavano di liberarsi di un ostacolo, e invece hanno rimosso l’ultimo puntello che sorreggeva una baracca in bilico. Il centro-sinistra reggino, già fragile come una porcellana caduta troppe volte, è stato colpito non dagli avversari, ma dai suoi stessi proprietari.
Non è crudeltà: è incompetenza elevata a sistema.
E Falcomatà, stavolta, non ha fatto il martire né l’eroe. Ha fatto una cosa molto più difficile: si è difeso.
Senza rovesciare tavoli, senza aprire faide, senza usare la clava come tanti suoi colleghi travestiti da statisti.
Ha mantenuto la schiena dritta e il tono basso. Due qualità che oggi, nella politica del frastuono, non vengono perdonate.
E il tradimento, perché di questo parliamo, ha un retrogusto noto. Perché ciò che oggi accade al figlio era già toccato al padre. Italo fu punto, scavalcato, ferito da coloro che avrebbero dovuto proteggerlo. Oggi la scena si ripete, con la stessa ferocia cieca, la stessa gelosia di cortile, la stessa miopia di chi teme il merito più delle sconfitte.
Il fuoco amico brucia più del fuoco nemico.
Il nemico, almeno, ha la dignità di spararti in faccia. Il compagno di partito ti colpisce alla schiena, e poi ti chiede anche di capirlo.
In mezzo a questo quadro grottesco — e il termine è fin troppo generoso — c’è chi recita come se nulla fosse. Rinascita Comune annuncia che “esce, ma resta”. Una formula che neppure nel teatro dell’assurdo avrebbero osato scrivere. È la filosofia di chi ha paura di scegliere: tenere un piede nella porta e l’altro nella fuga, sperando che nessuno se ne accorga.
A tamponare la disgregazione arriva Mimmetto Battaglia.
Non un salvatore — queste favole non appartengono alla Calabria — ma un traghettatore necessario. Un uomo che conosce le correnti, i voti, le cicatrici. Che sa che una maggioranza può implodere più per inerzia che per coraggio. E che oggi è chiamato a impedire l’effetto domino, a evitare che i cocci diventino irreparabili.
Accanto a lui, quasi come contrappunto, il gesto silenzioso di Paolo Brunetti da ieri (6 dicembre 2025) non più vicesindaco ma solo assessore: un passo di lato.
In tempi di vanità esibita, un atto così appare addirittura sovversivo.
Nessuno sfogo, nessuna vendetta, nessun veleno. Solo la consapevolezza che, in certi momenti, sottrarsi è un modo per salvare ciò che resta. Un tratto di saggezza antica che la politica, quella vera, riconosce al volo.
E mentre la città assiste a questo balletto di ambizioni e ferite, si consuma un’altra piccola tragedia: le dimissioni di Mary Caracciolo. Tre settimane di assessorato, poi la porta si richiude.
Non è lei a fallire: è il sistema che, incapace di gestire ciò che non controlla, distrugge ciò che non comprende. Ma c’è una forza, nelle persone come Mary, che non si può soffocare: la capacità di rialzarsi. E chi cade con dignità, prima o poi, trova la sua stagione.
A Palazzo San Giorgio, volenti o nolenti, il tempo dell’attesa è scaduto.
Resta quello delle responsabilità.
E il conto, questa volta, sarà alto.
Perché il fuoco amico — a differenza dei suoi tiratori — non sbaglia mai il bersaglio.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 7 dicembre 2025
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