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Luigi Palamara sempre controvento: elogio del merito in un mondo di nani

Luigi Palamara sempre controvento: elogio del merito in un mondo di nani

Editoriale di Luigi Palamara


Ci sono mestieri in cui si maneggiano le parole come si maneggiano le armi. Si scrive, si domanda, si indaga. E in questa trafila quotidiana fatta di microfoni, pagine bianche e sguardi incrociati, si crede di raccogliere il senso del tempo. Ho fatto migliaia di interviste, scritto migliaia di articoli, redatto inchieste, vissuto dirette. Ma ciò che resta – ciò che davvero si imprime dentro come un tatuaggio silenzioso – è il contatto umano, la verità nuda e disarmata della gente comune.

Perché il giornalismo – come la vita – o è verità o è teatro. E a me il palcoscenico non è mai interessato. Mai mi sono montato la testa. Ho sempre preferito la semplicità al clamore, la strada al salotto, l’incontro autentico alla riverenza cortigiana.

Eppure, in questo Paese che ha smarrito l’asse morale, la meritocrazia è diventata un concetto esotico. Non regna chi vale, ma chi si inchina. Si premia l’ubbidienza, non il talento. Il riconoscimento non segue il merito, ma l'appartenenza. Chi si rifiuta di inginocchiarsi viene ignorato, isolato, talvolta deriso.

Ma non mi deprime. Mi spinge, anzi, a fare meglio. Perché chi crede nel proprio lavoro, chi semina con coerenza, sa che anche se la pianta tarda a crescere, prima o poi qualcuno ne coglierà i frutti. Anche fosse tra vent’anni, qualcuno – un lettore, uno studioso, un passante curioso – sfoglierà ciò che è stato fatto e dirà: "Caspita, era davvero bravo."

È questa la mia consolazione amara, ma fiera: sapere di aver costruito qualcosa senza mai piegarmi, senza cedere al compromesso. Perché il potere – quello vero, quello piccolo, meschino, che indossa cravatte larghe e idee strette – non ama chi pensa. Vuole servi, non servitori del bene comune. Vuole nani, come diceva Nicola Giunta, e vuole che tutti lo siano.

Ma io non ho accettato di essere nano. Ho alzato lo sguardo. Ho camminato dritto. Ho tracciato una strada. Che sia editoriale, libro, dipinto, ogni mia espressione è un modo per testimoniare, per lasciare un segno. Una firma.

E se la mia strada in gran parte è stata percorsa, ora resta l’impegno a lasciare un esempio. Non di successo, ma di resistenza. Non di potere, ma di dignità.

Perché anche se il mondo dimentica in fretta, la verità – quella sì – resta.

Luigi Palamara

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