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Pier Silvio, l’erede che interroga il "Trono".Non di spade, ma di Forza Italia.

Pier Silvio, l’erede che interroga il "Trono".
Non di spade, ma di Forza Italia.

Editoriale di Luigi Palamara


Arriva un momento, nella storia delle dinastie, in cui il figlio smette di essere spettatore del nome che porta e inizia a declinarlo secondo la propria grammatica. Pier Silvio Berlusconi – imprenditore, mediale, misurato e apparentemente refrattario alla politica – ha fatto qualcosa di più che presentare un palinsesto. Ha scosso un partito e forse, senza volerlo, anche un equilibrio.

Nel pronunciare parole nette su Giorgia Meloni – «ha costruito il miglior governo d’Europa» – e sfiorare con accenni chirurgici Forza Italia, Pier Silvio si è mosso con un equilibrio che solo chi conosce bene il potere può permettersi. Nessun attacco frontale, ma la chirurgia delle mezze frasi: Tajani è «bravissimo», certo, «ma si può fare meglio». Gasparri? Anche lui, «bravissimo». Ma – e quel “però” sospeso vale come un’accusa – serve aria nuova, carne fresca, idee che non odorino di naftalina.

Non ha detto: scenderò in campo. Ma ha detto abbastanza da farlo credere. O sperare. O temere.

Come sempre, il potere si misura nei sussurri, non nei proclami.

In un centrodestra dove Meloni si è guadagnata il timone non con l’urlo ma con la tenacia, l’arrivo – o anche solo l’ipotesi – di un Berlusconi 2.0 inquieta e seduce. Perché il nome è lo stesso, ma il metodo è altro. Lontano dal corpo a corpo, vicino al “management” della politica. Dove il consenso si costruisce più in sala riunioni che nei comizi. Dove la strategia conta più del carisma.

Pier Silvio sa che la politica non è più solo spettacolo. Ma non disdegna di apparire sulla scena con la sapienza del regista che, se serve, si concede un cameo.

Lo Ius Scholae? «Non è una priorità». Frase semplice, ma che azzera mesi di tatticismi. Come dire: basta con la melassa ideologica, torniamo a parlare al paese che lavora, paga le tasse e vota chi gli dà sicurezza.

E se Tajani si affretta a minimizzare, dentro Forza Italia serpeggia un’agitazione reale. Perché quel figlio – da sempre percepito come il custode del regno più che come pretendente – adesso parla da possibile sovrano. E se davvero decidesse di varcare il Rubicone, non sarebbe il ritorno del berlusconismo, ma qualcosa di diverso: l’inizio di una sua nuova stagione, più sobria, più manageriale, più moderna. Ma altrettanto ambiziosa.

Nel frattempo, il centrosinistra si presenta compatto in Veneto. Eppure pare lontano, timido, scolorito di fronte al fermento che si agita tra i salotti del potere berlusconiano. Un’Italia che sembra avere sempre bisogno di un “Cavaliere”, e ora si chiede se il prossimo avrà l’armatura, oppure una giacca ben stirata e l’accento basso di chi ha imparato a dominare il potere senza urlarlo.

È la “nascita di un leader”.
O ci limitiamo a sussurrare: “Pier Silvio ha fatto politica senza farla. Ed è molto più pericoloso così.”

Luigi Palamara

#piersilvioberlusconi
#forzaitalia
#politica

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