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Regione Calabria. L’apparente normalità prima del colpo finale?

Tutti in attesa in Calabria ...

L’apparente normalità prima del colpo: il caso Occhiuto e il paradosso di un consenso prematuro
Editoriale di Luigi Palamara


In questi giorni in Calabria c'è qualcosa di straniante. Come quando, in una stanza colma di fumo, tutti fingono di non vedere la fiamma che inizia a serpeggiare sotto la porta. Il governatore Roberto Occhiuto si ritrova oggi al centro di un paradosso emblematico del nostro tempo: mentre la Procura di Catanzaro notifica avvisi di garanzia che toccano il cuore stesso della sua squadra, un sondaggio del SOLE 24ORE lo consacra tra i governatori più amati d’Italia.

Un 58% di gradimento. Primo tra i presidenti del Sud. Un plebiscito che oggi, alla luce delle inchieste in corso, suona più come un requiem dolce-amaro che come una medaglia al merito. Perché quel dato, raccolto quando ancora i faldoni della magistratura erano chiusi nei cassetti, ora assume una luce inquietante: quella dell’apparente normalità che precede il collasso.

E allora la domanda che aleggia non è banale, né può essere soffocata dal clamore delle operazioni cinematografiche, dai brindisi per il Capodanno Rai o dagli slogan sul cambiamento. Davvero Roberto Occhiuto non sapeva nulla? Oppure è stato — più o meno consapevolmente — parte attiva di un sistema torbido, che oggi si sta lentamente rivelando?

Chi conosce la Calabria sa che nulla è mai solo ciò che appare. Troppi incarichi discrezionali, troppe nomine calate dall’alto, troppi “professionisti” dell’ombra. Gli uomini del presidente — collaboratori, segretarie, comunicatori — sono finiti nel mirino della magistratura per corruzione, peculato, opacità amministrativa. Eppure, nel palazzo della Regione, tutto continua come se nulla fosse. Ma questa calma apparente, questo senso di ordine preservato, somiglia più all'anticamera del colpo finale che a un’autentica stabilità.

La verità, come sempre, non verrà da dichiarazioni in conferenza stampa o da sondaggi ben confezionati. Verrà dalla lente severa della Procura di Catanzaro. È lì, tra faldoni e intercettazioni, che si gioca l’onore residuo delle istituzioni calabresi. Il popolo calabrese — orgoglioso, paziente, ferito — attende risposte. Risposte che forse non basteranno a curare tutte le ferite, ma che almeno saranno un inizio.

Al netto dei proclami, delle "tifoserie" e delle celebrazioni, resta una sensazione acre, simile a quella che si prova quando si scopre che il teatro dove applaudivamo era, in realtà, costruito su fondamenta di sabbia. La Calabria merita verità. E dignità. Non applausi fuoriposto né menzogne ben vestite.

Luigi Palamara

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