Peppino il mio papà. L’eco di un passo nell’Aspromonte.
di Luigi Palamara
Roccaforte del Greco (RC) 31 ottobre 2025. Ci sono giorni in cui il tempo, invece di scorrere, torna indietro. Si ferma su un nome, su un ricordo che non ha mai cessato di vivere. Oggi, trentadue anni dopo, la memoria di mio padre — Peppino — ritorna come un respiro della montagna, come il vento che attraversa Roccaforte del Greco e porta con sé il suono di una voce lontana.
Papà non è mai andato via davvero. Lo porto in me, nei gesti e nel passo, in quella camminata un po’ dinoccolata che la gente riconosce anche oggi, come se il sangue avesse voluto conservare la sua impronta. È in questo corpo, nella sua stessa postura, che ritrovo la sua presenza silenziosa, la sua forza quieta.
Accanto a lui, ora, c’è la mamma — Angelina — che condivide la stessa luce, la stessa veglia. Insieme mi accompagnano, come due presenze gentili che non chiedono parole, ma solo un pensiero, un atto, un gesto compiuto con amore. Ogni cosa che faccio, ogni progetto, ogni sforzo quotidiano, è dedicato a loro che mi hanno dato non solo la vita, ma la dignità del sentire.
Roccaforte del Greco, l’Aspromonte — terra dura e tenera — oggi li ricorda con me. Qui tutto parla di loro: le pietre, le ombre degli ulivi, la luce che scende tra i vicoli. In ogni angolo sembra di udire un passo, una parola rimasta sospesa, un sorriso che non si è mai spento.
Non c’è giorno in cui non senta il bisogno di dirvi che gli voglio bene, come si dice a chi è lontano ma sempre presente. La vita va avanti, eppure resta quel filo invisibile che lega il figlio al padre, il presente al passato, la carne al ricordo.
Così continuo il mio cammino, come lui avrebbe voluto: con il cuore volto al cielo e i piedi radicati nella terra.
Ciao, papà. Ti porto con me, fino all’ultimo dei miei giorni.
Tuo figlio
Luigi.
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