Cirillo, il giorno dell’investitura. E la Calabria che sogna di essere normale

Cirillo, il giorno dell’investitura. E la Calabria che sogna di essere normale
L'Editoriale di Luigi Palamara 

C’è sempre un che di teatrale nelle sedute inaugurali dei Consigli regionali. Le cravatte ben annodate, i sorrisi di circostanza, le strette di mano più rigide del necessario. Tutti recitano la parte che il copione della politica impone, e nessuno osa uscire di scena.
Ma ieri, a Palazzo Campanella, dietro la cerimonia, si respirava qualcosa di diverso: un’aria di tregua, di ordine restaurato, come se la Calabria, per una volta, volesse mostrarsi al Paese non come terra di emergenze, ma di istituzioni.

Salvatore Cirillo, forzista di lungo corso, è stato eletto presidente del Consiglio regionale con 23 voti su 31.
Una vittoria annunciata, sì, ma non banale: perché nella regione dove tutto è spesso provvisorio, anche la normalità diventa una notizia.

L’uomo giusto al posto giusto (forse)
Cirillo è uomo di partito, uno che conosce i corridoi e ne rispetta le regole. Un soldato disciplinato, fedele alla linea Occhiuto–Cannizzaro, che oggi rappresenta la vera spina dorsale del centrodestra calabrese.
Lo hanno scelto non per carisma, ma per affidabilità. E in un sistema che diffida dei battitori liberi, questo è il complimento più grande.

Nel suo discorso d’insediamento ha parlato di squadra, di equilibrio, di collaborazione. Parole educate, perfette, persino commoventi nella loro compostezza.
Ha detto: “Il tempo dei contrasti per partito preso è finito”.
E uno, ascoltandolo, vorrebbe crederci. Ma la Calabria, si sa, è maestra nell’arte di dire cose giuste e di non farle mai accadere.

La solita liturgia del potere
C’è un rito immutabile nella politica calabrese: quando si elegge qualcuno, tutti si affrettano a ringraziare tutti.
Cirillo ha ringraziato Forza Italia, il segretario Cannizzaro, la Giunta, l’opposizione, i colleghi, perfino la memoria di Jole Santelli.
Un rosario di gratitudine che sa di dovere, ma che rivela anche un desiderio sincero di mostrarsi uomo delle istituzioni.

Solo che, a furia di ringraziare, in Calabria si dimentica di fare.
E la distanza tra le parole e le opere è sempre la stessa: un abisso coperto di sorrisi.

Una presidenza “super partes”?
Mi viene da sorridere di fronte a questa idea di presidenza “super partes”.
Perché in politica la neutralità è una virtù che dura finché non si tocca una sedia.

Cirillo, dal canto suo, promette imparzialità e rispetto per tutti. Ma chi conosce le dinamiche dell’Aula sa che essere super partes in Calabria è come pretendere di essere casto in un bordello: nobile, ma poco realistico.

La sua vera sfida non sarà quella di mantenere i toni bassi, ma di resistere alle mani che, inevitabilmente, cercheranno di orientare ogni decisione.
Perché in questa terra, ogni equilibrista sa che dietro l’applauso del giorno c’è la lama della sera.


Falcomatà, Ranuccio e gli altri: il gioco delle postazioni.
A sinistra, intanto, si leccano le ferite.
Giuseppe Ranuccio, il “moderato” del Pd, entra come vicepresidente, a conferma che l’opposizione preferisce sedersi al tavolo del cerimoniale piuttosto che urlare da fuori.
Giuseppe Falcomatà, invece, raccoglie appena due voti. Due soli.
Un segnale più eloquente di mille discorsi: dentro il Pd calabrese la guerra civile è appena cominciata.

E allora, mentre il centrodestra mostra una calma da maggioranza bulgara, il centrosinistra affonda nel suo eterno dramma: il sospetto, la diffidenza, la paura di chi ha più consenso del segretario.
La solita tragedia in tre atti: eleggere, escludere, e poi lamentarsi di aver perso.


La Calabria che sogna di essere normale
“Non chiedetemi di crederci ancora, ma lasciatemi sperare per un istante che questa volta non sia tutta farsa”.
Perché la verità, nuda e crudele, è che la Calabria non ha bisogno di eroi, ma di normalità.
Di una politica che non cerchi applausi ma risultati. Di una classe dirigente che non viva di rendite di posizione, ma di responsabilità.

Cirillo ha detto: “Qui la ’ndrangheta non entra”.
Bellissima frase, da incidere sul marmo.
Ma ora bisogna farla entrare nelle abitudini quotidiane del potere, nei bilanci, nelle nomine, nei silenzi.
Perché non basta dirlo: bisogna dimostrarlo. E ogni volta che si spegne un microfono a Palazzo Campanella, comincia la vera partita.

Una pagina bianca, ma di carta sottile
La XIII legislatura calabrese si apre con l’ennesima promessa di rinascita.
Ogni cinque anni la Calabria cambia faccia e ripete la stessa frase: “Questa volta sarà diverso.”
E ogni volta la storia si ripete, con nuovi nomi e vecchi vizi.

Forse Cirillo non cambierà la Calabria, ma potrebbe – se vorrà – restituirle almeno il senso della misura e del rispetto.
Il potere, quando è sobrio, non ha bisogno di clamore; e che la verità, se non la dici, ti scava dentro.
Cirillo, oggi, ha la possibilità di farle coincidere entrambe: esercitare il potere con sobrietà e dire la verità con coraggio.

Sarebbe già una rivoluzione.
E in Calabria, le rivoluzioni cominciano sempre così: con un voto, un discorso e una speranza che non ha ancora imparato ad arrendersi.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati 
Reggio Calabria 11 novembre 2025

Salvatore Cirillo, di Forza Italia, è il nuovo presidente del Consiglio regionale della Calabria. E' stato eletto, nel corso delle votazioni a scrutinio segreto, con 23 voti, su 31 consiglieri presenti e votanti. Otto le schede bianche. L'assemblea ha poi provveduto alla nomina dei vice presidenti e dei segretari-questore. Vice presidenti sono stati eletti Giacomo Pietro Crinò (Occhiuto Presidente) e Giuseppe Ranuccio (Pd). Su 31 votanti 17 voti sono andati a Crinò e 11 a Giuseppe Ranuccio. Altri due sono andati a Giuseppe Falcomatà. Luciana De Francesco (FdI) e Ferdinando Laghi (Tridico Presidente), infine, sono i nuovi segretario-questore con, rispettivamente, 21 e 10 voti.

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