Il Giornalista non si tocca
L'Editoriale di Luigi Palamara in solidarietà a Pino Maniaci
Ci sono schiaffi che fanno più rumore di un’esplosione. Non per la violenza in sé — ché quella, purtroppo, è sempre uguale, meschina e vile — ma per ciò che rappresentano. Quando una mano si alza contro un giornalista, non colpisce solo un uomo: colpisce un principio. Quello della libertà. E la libertà, in una democrazia, è come l’aria: la si sente solo quando comincia a mancare.
A Pino Maniaci, giornalista e direttore di Telejato, è stata tolta quella sicurezza elementare che dovrebbe essere garantita a chiunque scelga di informare, di raccontare, di disturbare i poteri, grandi o piccoli che siano. Un consigliere comunale di Partinico, incapace di reggere il peso di una critica, ha pensato bene di rispondere non con le parole, ma con le mani. E così ha mostrato, nel gesto, tutta la sua pochezza.
Non è un caso isolato. È un sintomo. In un Paese dove la libertà di stampa viene ogni giorno corrosa non solo dalla violenza fisica, ma da quella, più subdola, delle querele temerarie, delle calunnie, delle diffamazioni a orologeria. Oggi il giornalista non lo si zittisce solo con un pugno, ma anche con un faldone di carta bollata, con la gogna mediatica, con la macchina del fango. E tutto questo perché la libertà di parola fa paura.
Chi ha scelto questo mestiere lo sa: fare il giornalista significa camminare sul filo del rasoio, tra il dovere della verità e il rischio dell’inimicizia. Ma c’è un limite che non può essere oltrepassato: il giornalista non si tocca. Non fisicamente, non moralmente, non economicamente. E chi lo fa deve essere isolato, sanzionato, disprezzato.
Perché la stampa non è un orpello, non è un fastidio da sopportare. È l’ossigeno della democrazia. E se un rappresentante delle istituzioni non è in grado di tollerare la critica — se non capisce che essere criticati fa parte del gioco democratico — allora non merita di sedere nemmeno un minuto di più in quell’aula consiliare.
Il consigliere comunale di Partinico chieda scusa. Non tanto a Maniaci, ma ai cittadini che rappresenta. Lo faccia davanti alle telecamere di Telejato, lì dove ha creduto di poter imporsi con la forza invece che con le idee. E poi, se resta in lui un briciolo di dignità, rassegni le dimissioni.
Perché la violenza contro un giornalista non è un fatto privato. È un’offesa pubblica. E ogni offesa alla libertà di stampa è un colpo inferto al cuore stesso della Repubblica.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 1 novembre 2025
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@luigi.palamara Il Giornalista non si Tocca L'Editoriale di Luigi Palamara in solidarietà a Pino Maniaci Ci sono schiaffi che fanno più rumore di un’esplosione. Non per la violenza in sé — ché quella, purtroppo, è sempre uguale, meschina e vile — ma per ciò che rappresentano. Quando una mano si alza contro un giornalista, non colpisce solo un uomo: colpisce un principio. Quello della libertà. E la libertà, in una democrazia, è come l’aria: la si sente solo quando comincia a mancare. A Pino Maniaci, giornalista e direttore di Telejato, è stata tolta quella sicurezza elementare che dovrebbe essere garantita a chiunque scelga di informare, di raccontare, di disturbare i poteri, grandi o piccoli che siano. Un consigliere comunale di Partinico, incapace di reggere il peso di una critica, ha pensato bene di rispondere non con le parole, ma con le mani. E così ha mostrato, nel gesto, tutta la sua pochezza. Non è un caso isolato. È un sintomo. In un Paese dove la libertà di stampa viene ogni giorno corrosa non solo dalla violenza fisica, ma da quella, più subdola, delle querele temerarie, delle calunnie, delle diffamazioni a orologeria. Oggi il giornalista non lo si zittisce solo con un pugno, ma anche con un faldone di carta bollata, con la gogna mediatica, con la macchina del fango. E tutto questo perché la libertà di parola fa paura. Chi ha scelto questo mestiere lo sa: fare il giornalista significa camminare sul filo del rasoio, tra il dovere della verità e il rischio dell’inimicizia. Ma c’è un limite che non può essere oltrepassato: il giornalista non si tocca. Non fisicamente, non moralmente, non economicamente. E chi lo fa deve essere isolato, sanzionato, disprezzato. Perché la stampa non è un orpello, non è un fastidio da sopportare. È l’ossigeno della democrazia. E se un rappresentante delle istituzioni non è in grado di tollerare la critica — se non capisce che essere criticati fa parte del gioco democratico — allora non merita di sedere nemmeno un minuto di più in quell’aula consiliare. Il consigliere comunale di Partinico chieda scusa. Non tanto a Maniaci, ma ai cittadini che rappresenta. Lo faccia davanti alle telecamere di Telejato, lì dove ha creduto di poter imporsi con la forza invece che con le idee. E poi, se resta in lui un briciolo di dignità, rassegni le dimissioni. Perché la violenza contro un giornalista non è un fatto privato. È un’offesa pubblica. E ogni offesa alla libertà di stampa è un colpo inferto al cuore stesso della Repubblica. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 1 novembre 2025 #pinomaniaci #luigipalamara #giornalista #palermo #reggiocalabria ♬ suono originale - Luigi Palamara
Caro giornalista ...segui l'intervista di Pi o Maniaci
RispondiEliminaGaspare anzelmo
http://www.cartastraccia.news/2025/11/partinico-la-politica-e-la-vergogna.html
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