La stretta di mano che vale più di mille polemiche

La stretta di mano che vale più di mille polemiche

Falcomatà saluta, la politica si misura: chi resta e chi fugge
Reggio Calabria, la dignità contro il gettone
La lezione di Falcomatà ai professionisti della polemica
Undici anni di servizio, trenta secondi di verità: una mano tesa
La politica si misura nei gesti, non nei 90 euro

L'Editoriale di Luigi Palamara


Ci sono momenti che pesano più degli anni. Attimi che, se colti nella loro nudità, raccontano più di mille discorsi, più di mille proclami. A Palazzo San Giorgio, nell’aula che porta il nome di Pietro Battaglia, è bastata una stretta di mano perché la politica—quella vera, non quella da retrobottega—si manifestasse per quello che dovrebbe essere: un esercizio di responsabilità e di civiltà.

Giuseppe Falcomatà ha salutato i Consiglieri uno per uno. Gesto semplice, quasi banale. Eppure, in certe stagioni della politica, la semplicità diventa rivoluzionaria.

Perché mentre lui stringeva mani, altri stringevano calcoli. E non servono lenti da giornalista o fiuto da cronista di razza per vedere l’evidenza che il Consigliere della Lega, Giuseppe De Biasi, ha avuto il coraggio di mettere sul tavolo: i magnifici sei—non sette, perché il Presidente Marra almeno la decenza istituzionale l’ha conservata—disertano l’aula consiliare, ma non le commissioni. In aula si protesta, in commissione si incassa. Novanta euro a botta. Sacrosanti, diranno loro. Sacrosantamente ipocriti, diciamo noi.

Chi invoca dignità rinunci per primo al gettone. Chi parla di principio mostri il portafoglio vuoto. Altrimenti è solo teatro. E neanche ben recitato.

E poi c’è il Partito Democratico, che da questa storia esce come un vaso vuoto: scheggiato, senza acqua, senza fiori, senza identità. I dissidenti? Chiamarli tali è un regalo. Sono schegge che rimbalzano in tutte le direzioni, senza una linea, senza un pensiero, senza una strategia. Irto dovrebbe intervenire? Certo che dovrebbe. E sospenderli? Forse. Ma non per vendetta politica bensì per igiene mentale. Per rispetto del partito e della città. Perché anche i muri lo hanno capito: quei tre parlano per sé stessi, non per la comunità politica che pretendono di rappresentare.

Basta con la manfrina. La politica non è matematica, e su questo Falcomatà ha dato una lezione che vale più di mille conferenze stampa. La politica è logica, sì, ma è anche simbolo, gesto, stile. Il rispetto, invece, è una lingua universale. E Falcomatà, piaccia o non piaccia, per oltre undici anni ha rispettato l’istituzione che ha rappresentato. Undici anni: un primato. Non un dettaglio.

Chi verrà dopo di lui dovrà dimostrare di essere all’altezza. E Reggio Calabria, questo è certo, non farà sconti. Non li ha fatti a lui, non li farà ai successori. È una città dura, ferita, bellissima. Una città che, quando sente odore di opportunismo, tira fuori le unghie.

E allora sì: stringiamo anche noi quella mano. Con stima, con affetto, ma soprattutto con la consapevolezza che la politica non vive di numeri, di giochi di palazzo o di gettoni da novanta euro. Vive di gesti. Di responsabilità. Di stile.

E di quella stretta di mano, che resta. E racconta. Più di tutto il resto.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 29 novembre 2025

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@luigi.palamara La stretta di mano che vale più di mille polemiche Falcomatà saluta, la politica si misura: chi resta e chi fugge Reggio Calabria, la dignità contro il gettone La lezione di Falcomatà ai professionisti della polemica Undici anni di servizio, trenta secondi di verità: una mano tesa La politica si misura nei gesti, non nei 90 euro L'Editoriale di Luigi Palamara Ci sono momenti che pesano più degli anni. Attimi che, se colti nella loro nudità, raccontano più di mille discorsi, più di mille proclami. A Palazzo San Giorgio, nell’aula che porta il nome di Pietro Battaglia, è bastata una stretta di mano perché la politica—quella vera, non quella da retrobottega—si manifestasse per quello che dovrebbe essere: un esercizio di responsabilità e di civiltà. Giuseppe Falcomatà ha salutato i Consiglieri uno per uno. Gesto semplice, quasi banale. Eppure, in certe stagioni della politica, la semplicità diventa rivoluzionaria. Perché mentre lui stringeva mani, altri stringevano calcoli. E non servono lenti da giornalista o fiuto da cronista di razza per vedere l’evidenza che il Consigliere della Lega, Giuseppe De Biasi, ha avuto il coraggio di mettere sul tavolo: i magnifici sei—non sette, perché il Presidente Marra almeno la decenza istituzionale l’ha conservata—disertano l’aula consiliare, ma non le commissioni. In aula si protesta, in commissione si incassa. Novanta euro a botta. Sacrosanti, diranno loro. Sacrosantamente ipocriti, diciamo noi. Chi invoca dignità rinunci per primo al gettone. Chi parla di principio mostri il portafoglio vuoto. Altrimenti è solo teatro. E neanche ben recitato. E poi c’è il Partito Democratico, che da questa storia esce come un vaso vuoto: scheggiato, senza acqua, senza fiori, senza identità. I dissidenti? Chiamarli tali è un regalo. Sono schegge che rimbalzano in tutte le direzioni, senza una linea, senza un pensiero, senza una strategia. Irto dovrebbe intervenire? Certo che dovrebbe. E sospenderli? Forse. Ma non per vendetta politica bensì per igiene mentale. Per rispetto del partito e della città. Perché anche i muri lo hanno capito: quei tre parlano per sé stessi, non per la comunità politica che pretendono di rappresentare. Basta con la manfrina. La politica non è matematica, e su questo Falcomatà ha dato una lezione che vale più di mille conferenze stampa. La politica è logica, sì, ma è anche simbolo, gesto, stile. Il rispetto, invece, è una lingua universale. E Falcomatà, piaccia o non piaccia, per oltre undici anni ha rispettato l’istituzione che ha rappresentato. Undici anni: un primato. Non un dettaglio. Chi verrà dopo di lui dovrà dimostrare di essere all’altezza. E Reggio Calabria, questo è certo, non farà sconti. Non li ha fatti a lui, non li farà ai successori. È una città dura, ferita, bellissima. Una città che, quando sente odore di opportunismo, tira fuori le unghie. E allora sì: stringiamo anche noi quella mano. Con stima, con affetto, ma soprattutto con la consapevolezza che la politica non vive di numeri, di giochi di palazzo o di gettoni da novanta euro. Vive di gesti. Di responsabilità. Di stile. E di quella stretta di mano, che resta. E racconta. Più di tutto il resto. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 29 novembre 2025 #rispetto #politica #sindaco #reggiocalabria #giuseppefalcomatà ♬ sonido original - Gloria a Dios

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