L’abbraccio che parla più di mille comizi
L'Editoriale di Luigi Palamara
Questa è una fotografia, scattata a Piazza Italia, che vale più di tanti discorsi, di tante mozioni, di tanti comunicati che si perdono nel vento della politica reggina.
Ci sono i lavoratori della Castore — gli stessi che per anni abbiamo visto sfilare, gridare, reclamare stipendi e dignità — che oggi fanno una cosa insolita, quasi spiazzante: abbracciano il loro amministratore, Domenico Mallamaci.
Non succede spesso, da queste parti. E quando accade, va registrato con la cura che si riserva agli eventi rari. Perché non è un gesto di circostanza: è un patto silenzioso, un modo primordiale e insieme civile di dire “tu ci hai rispettato”.
Non ci voleva un sociologo per capirlo. Bastava guardare quegli occhi: non erano gli sguardi di chi saluta un capo, ma di chi saluta una persona.
A Piazza Italia, che ha conosciuto più megafoni che applausi, più indignazioni che sorrisi, un abbraccio così stona. E proprio per questo risuona.
La verità — quella verità che non ama i titoli altisonanti — è che Mallamaci, nel suo ruolo, ha fatto ciò che troppo spesso la pubblica amministrazione dimentica di fare: ha messo ordine, ha garantito servizio, ha dato dignità al lavoro. Né più, né meno. Ma oggi, in un Paese dove il mediocre viene celebrato e il capace sospettato, è già rivoluzione.
E infatti, mentre la politica consuma i suoi soliti litigi da retrobottega, c’è chi — come Giovanni Muraca del PD, uno che non ha paura di esporsi — ricorda pubblicamente le qualità umane e professionali dell’amministratore uscente. Una frase semplice, pulita. Così rara da sembrare coraggiosa.
Mallamaci, da parte sua, lo dice con la compostezza di chi non deve farsi perdonare nulla: un po’ d’amarezza, certo, perché le pagine si girano anche quando non vorremmo. Ma i risultati restano, e soprattutto restano gli affetti.
E in un lavoro come il suo — dove il dirigente è spesso visto come il bersaglio, mai come il timoniere — l’affetto dei lavoratori non è un premio: è una sentenza definitiva.
Le strade si separano, è vero.
Ma le strade sono asfalto; le persone, invece, sono memoria. E la memoria, quando è onesta, non la cancelli nemmeno con mille delibere.
Rimarrà questa giornata nelle cronache della Castore, e forse anche in quelle della città. Perché non racconta la fine di un incarico, ma la rara, preziosa, ostinata possibilità che il lavoro pubblico possa essere fatto bene, con competenza e perfino con un po’ di umanità.
Ed è per questo che quell’abbraccio vale più di mille comizi.
Perché parla di rispetto.
E il rispetto, a Reggio come altrove, è ancora la forma più alta della libertà.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 15 novembre 2025
#domenicomallamaci
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@luigi.palamara L’abbraccio che parla più di mille comizi L'Editoriale di Luigi Palamara Questa è una fotografia, scattata a Piazza Italia, che vale più di tanti discorsi, di tante mozioni, di tanti comunicati che si perdono nel vento della politica reggina. Ci sono i lavoratori della Castore — gli stessi che per anni abbiamo visto sfilare, gridare, reclamare stipendi e dignità — che oggi fanno una cosa insolita, quasi spiazzante: abbracciano il loro amministratore, Domenico Mallamaci. Non succede spesso, da queste parti. E quando accade, va registrato con la cura che si riserva agli eventi rari. Perché non è un gesto di circostanza: è un patto silenzioso, un modo primordiale e insieme civile di dire “tu ci hai rispettato”. Non ci voleva un sociologo per capirlo. Bastava guardare quegli occhi: non erano gli sguardi di chi saluta un capo, ma di chi saluta una persona. A Piazza Italia, che ha conosciuto più megafoni che applausi, più indignazioni che sorrisi, un abbraccio così stona. E proprio per questo risuona. La verità — quella verità che non ama i titoli altisonanti — è che Mallamaci, nel suo ruolo, ha fatto ciò che troppo spesso la pubblica amministrazione dimentica di fare: ha messo ordine, ha garantito servizio, ha dato dignità al lavoro. Né più, né meno. Ma oggi, in un Paese dove il mediocre viene celebrato e il capace sospettato, è già rivoluzione. E infatti, mentre la politica consuma i suoi soliti litigi da retrobottega, c’è chi — come Giovanni Muraca del PD, uno che non ha paura di esporsi — ricorda pubblicamente le qualità umane e professionali dell’amministratore uscente. Una frase semplice, pulita. Così rara da sembrare coraggiosa. Mallamaci, da parte sua, lo dice con la compostezza di chi non deve farsi perdonare nulla: un po’ d’amarezza, certo, perché le pagine si girano anche quando non vorremmo. Ma i risultati restano, e soprattutto restano gli affetti. E in un lavoro come il suo — dove il dirigente è spesso visto come il bersaglio, mai come il timoniere — l’affetto dei lavoratori non è un premio: è una sentenza definitiva. Le strade si separano, è vero. Ma le strade sono asfalto; le persone, invece, sono memoria. E la memoria, quando è onesta, non la cancelli nemmeno con mille delibere. Rimarrà questa giornata nelle cronache della Castore, e forse anche in quelle della città. Perché non racconta la fine di un incarico, ma la rara, preziosa, ostinata possibilità che il lavoro pubblico possa essere fatto bene, con competenza e perfino con un po’ di umanità. Ed è per questo che quell’abbraccio vale più di mille comizi. Perché parla di rispetto. E il rispetto, a Reggio come altrove, è ancora la forma più alta della libertà. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 15 novembre 2025 #domenicomallamaci #castore #giovannimuraca #politica #reggiocalabria ♬ suono originale - Luigi Palamara
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