Ogni tanto arrabbiarsi serve
L'Editoriale di Luigi Palamara
Ci sono momenti in cui l’indignazione non è solo un diritto: è un dovere civico. E questo, diciamolo subito, è uno di quei momenti.
Renato Brunetta – il professore, l’ex ministro, l’attuale presidente del CNEL, quell’ente che qualcuno ancora fatica a ricordare a cosa serva – aveva pensato bene di darsi un piccolo premio di autostima: portare il proprio stipendio a 311 mila euro. Trecentoundicimila. Non lire, non gettoni, ma euro sonanti.
E mentre il Paese arranca, mentre gli stipendi veri non si alzano da anni e i giovani se ne vanno perché il loro talento qui vale meno di un bonus monopattino, il presidente del CNEL si era convinto che fosse giusto – anzi, naturale – aumentarsi la paga. Un gesto di giustizia redistributiva al contrario, direbbe qualcuno.
Poi, certo, è arrivata la “vagonata” di reazioni: la gente s’è infuriata, i giornali hanno masticato amaro, persino la premier Meloni, con il suo ritardo ormai proverbiale, ha mostrato un’irritazione di facciata. E Brunetta, da bravo democristiano travestito da liberale, ha fatto retromarcia. “Rinuncio”, ha detto. Come se fosse un atto di bontà.
Ma non c’è nulla di nobile nel desistere dopo aver tastato il polso dell’opinione pubblica. La nobiltà sta nel non concepire neppure l’idea. E invece no: nel Paese dove la politica si è trasformata in una casta con la partita Iva, ogni pretesto è buono per ritoccare il gettone, gonfiare la poltrona, far credere che un incarico pubblico equivalga a una rendita.
“Gli italiani non si ribellano finché non gli toccano il portafogli, ma poi dimenticano tutto al primo gelato”. In questo Paese la vergogna è un sentimento in via d’estinzione.
Ecco, il caso Brunetta è l’ennesima conferma. Una vicenda piccola, minuscola, ma perfettamente rappresentativa del declino morale che ci circonda: un uomo delle istituzioni che si autocelebra con l’aumento di stipendio, un governo che si “irrita” solo quando il pubblico rumoreggia, e un popolo che, per qualche giorno, s’infuria sui social e poi passa oltre.
“Che tipo”, verrebbe da dire. Ma sarebbe troppo poco. La verità è che questa storia non riguarda solo Brunetta. Riguarda noi tutti. Perché in un Paese che si abitua a tutto, anche l’indignazione ha bisogno di essere riscoperta.
Ogni tanto arrabbiarsi? No.
Bisognerebbe arrabbiarsi sempre.
Luigi Palamara
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Purtroppo/chi nasce tondo non muore quadrato/Brunetta non si smentisce bada solo ai soldi non alla dignità come uomo,con la benedizione del governo di Giorgia Meloni,che dire:SHAME
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