Secondo Antonio Tajani: Sicurezza a 360 gradi: basta girare in tondo per non andare da nessuna parte.

Secondo Antonio Tajani: Sicurezza a 360 gradi: basta girare in tondo per non andare da nessuna parte.
L'Editoriale di Luigi Palamara


Ci sono dichiarazioni che, invece di rischiarare il cielo della politica, lo offuscano con una nebbia fitta di concetti buttati lì, come se bastasse nominarli per trasformarli in strategia. Ascoltando il Ministro degli Esteri si ha proprio questa sensazione: parole che rotolano una dietro l’altra, ognuna in cerca di un significato che non sempre trova.

«Il Ponte, quando sarà realizzato, rappresenterà un elemento importante non solo per il trasporto, ma anche per eventuali operazioni di evacuazione e per garantire la sicurezza in caso di un attacco proveniente da sud. Esiste infatti anche un fronte meridionale, il fianco sud della NATO, e per questo è necessario avere una visione a 360 gradi: la sicurezza non si riduce all’acquisto di armamenti

Ascoltando mi sistemo il cappellino per un attimo e poi  mi viene in mente : “Di solito, quando si parla a 360 gradi, è perché non si sa bene dove guardare.” Perché nella politica italiana, da sempre, le frasi rotonde servono a coprire i pensieri quadrati: spigolosi, incompleti, spesso vacui.

Poi arriva l’ulteriore chiarimento, che suona più come un’appendice che come una direzione:

«Significa anche formare adeguatamente i militari e assicurare una presenza costante sul territorio. I risultati ottenuti dalla Guardia di Finanza, dai Carabinieri e dalle altre forze dell’ordine lo dimostrano: tutto questo fa parte della sicurezza.»

E a questo punto perdo quasi la pazienza. Non posso dtare in silenzio. Avrei domandato — con la mia intolleranza feroce verso il pressappochismo — perché a ogni questione complessa si risponde con un elenco, con un inventario di concetti sgranati: NATO, ponte, evacuazioni, fianco sud, forze dell’ordine. Tutto vero, tutto importante, ma infilato come per riempire un vuoto.

E quando Tajani conclude con un laconico:

«E ne fa parte

non è chiaro cosa “ne faccia parte”, né quale mosaico si stesse cercando di comporre.

La verità, quella amara, quella che non si dice mai per non disturbare l’ordine delle interviste, è che spesso la politica italiana parla per occupare lo spazio acustico, non per comunicare una visione. E così finisce per “sparare nel mucchio”, con la speranza che qualche parola cada al posto giusto per caso.

Ma la sicurezza, la NATO, il fronte sud, il fianco del sud, il Ponte non sono concetti che si possono lanciare come dadi sul tavolo. Sono questioni che pretendono chiarezza, coraggio, responsabilità.

E allora, diciamolo senza giri di frase:
a volte è meglio tacere che parlare senza sapere dove si sta colpendo.

Meglio tacere che aggiungere rumore a un Paese che di rumore ne ha già fin troppo.

Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati

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@luigi.palamara Secondo Antonio Tajani: Sicurezza a 360 gradi: basta girare in tondo per non andare da nessuna parte. L'Editoriale di Luigi Palamara Ci sono dichiarazioni che, invece di rischiarare il cielo della politica, lo offuscano con una nebbia fitta di concetti buttati lì, come se bastasse nominarli per trasformarli in strategia. Ascoltando il Ministro degli Esteri si ha proprio questa sensazione: parole che rotolano una dietro l’altra, ognuna in cerca di un significato che non sempre trova. «Il Ponte, quando sarà realizzato, rappresenterà un elemento importante non solo per il trasporto, ma anche per eventuali operazioni di evacuazione e per garantire la sicurezza in caso di un attacco proveniente da sud. Esiste infatti anche un fronte meridionale, il fianco sud della NATO, e per questo è necessario avere una visione a 360 gradi: la sicurezza non si riduce all’acquisto di armamenti.» Ascoltando mi sistemo il cappellino per un attimo e poi mi viene in mente : “Di solito, quando si parla a 360 gradi, è perché non si sa bene dove guardare.” Perché nella politica italiana, da sempre, le frasi rotonde servono a coprire i pensieri quadrati: spigolosi, incompleti, spesso vacui. Poi arriva l’ulteriore chiarimento, che suona più come un’appendice che come una direzione: «Significa anche formare adeguatamente i militari e assicurare una presenza costante sul territorio. I risultati ottenuti dalla Guardia di Finanza, dai Carabinieri e dalle altre forze dell’ordine lo dimostrano: tutto questo fa parte della sicurezza.» E a questo punto perdo quasi la pazienza. Non posso dtare in silenzio. Avrei domandato — con la mia intolleranza feroce verso il pressappochismo — perché a ogni questione complessa si risponde con un elenco, con un inventario di concetti sgranati: NATO, ponte, evacuazioni, fianco sud, forze dell’ordine. Tutto vero, tutto importante, ma infilato come per riempire un vuoto. E quando Tajani conclude con un laconico: «E ne fa parte.» non è chiaro cosa “ne faccia parte”, né quale mosaico si stesse cercando di comporre. La verità, quella amara, quella che non si dice mai per non disturbare l’ordine delle interviste, è che spesso la politica italiana parla per occupare lo spazio acustico, non per comunicare una visione. E così finisce per “sparare nel mucchio”, con la speranza che qualche parola cada al posto giusto per caso. Ma la sicurezza, la NATO, il fronte sud, il fianco del sud, il Ponte non sono concetti che si possono lanciare come dadi sul tavolo. Sono questioni che pretendono chiarezza, coraggio, responsabilità. E allora, diciamolo senza giri di frase: a volte è meglio tacere che parlare senza sapere dove si sta colpendo. Meglio tacere che aggiungere rumore a un Paese che di rumore ne ha già fin troppo. Luigi Palamara Tutti i diritti riservati #antoniotajani #pontesullostretto #ministrodegliesteri #editoriale #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara

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