Sette poltrone per una città: la mossa dell’asino che umilia Reggio Calabria
L'Editoriale di Luigi Palamara
Arriva un punto oltre il quale il pudore politico cessa d’esistere. E Reggio Calabria, oggi, lo ha superato con la leggerezza di chi non comprende – o finge di non comprendere – che il destino di una città non è un giocattolo da spartire tra sette aspiranti registi di provincia. Quattro del PD, tre di Rinascita Comune: tutti in cerca d’autore, tutti convinti che una poltrona valga più della dignità.
Non sono stati ascoltati, cioè non sono stati accontentati. E allora giù col ricatto mascherato da zelo istituzionale. Il solito travestimento della mediocrità: chiamarla politica per non ammettere che si tratta soltanto di ambizione personale, quell’ambizione piccola, meschina, che non costruisce nulla ma pretende tutto.
E mentre si consumano queste sceneggiate da retrobottega, c’è un dato che grida vendetta al buon senso: mancano appena cinque mesi alla fine della sindacatura. Cinque mesi. E anche le pietre, quelle che se ne stanno immobili sugli argini e nelle piazze, capiscono che ciò che sta accadendo non ha alcuna logica politica.
Nessuna.
Pensare di consegnare il Comune a un commissario, a questo punto, è qualcosa che rasenta il grottesco. Una forzatura istituzionale che non ha né giustificazione né dignità. Una scelta talmente assurda da risultare, oltre che irresponsabile, politicamente inaccettabile.
E qui la domanda è inevitabile, quasi brutale:
può una città essere ostaggio dei capricci di chi confonde il bene pubblico con il proprio tornaconto?
Sì, può. È accaduto troppe volte. Ma non per questo dobbiamo continuare a tollerarlo.
È il momento della chiarezza, quella che fa male perché toglie alibi. I cittadini hanno il diritto – e il dovere – di sapere da chi dipendono le conseguenze di ciò che potrebbe accadere. I responsabili hanno nomi e cognomi, e non potranno nascondersi dietro il paravento di una fantomatica strategia politica. La politica, qui, ha toccato il suo punto più basso. Altro che visione. Altro che manovra. Siamo davanti alla mossa dell’asino, e nulla più.
E allora cominciamo a fare ciò che in democrazia resta l’unica arma pulita: prendere le distanze, discernere, e punire con il voto.
Punire chi usa la città come moneta di scambio.
Punire chi traveste l’interesse personale all' appartenenza.
Punire chi continua a chiamare “partito” ciò che, a Reggio Calabria, del Partito Democratico conserva appena il nome, e nemmeno con troppa convinzione.
Le città, come gli uomini, si rialzano solo quando smettono di farsi prendere in giro. E Reggio, oggi, è chiamata a farlo. Con lucidità. Con coraggio. E senza più sconti a nessuno.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 19 novembre 2025
#politica #reggiocalabria #editoriale #luigipalamara #palamaraluigi
Commenti
Posta un commento
LASCIA IL TUO COMMENTO. La tua opinione è importante.