Il silenzio che urla. L'Editoriale di Luigi Palamara

Il silenzio che urla. L'Editoriale di Luigi Palamara


Dire di essere stato lasciato solo sarebbe persino ingeneroso. Alcuni, pochi ma riconoscibili, hanno avuto il coraggio di fare il mestiere del giornalista: raccontare i fatti scomodi, soprattutto quelli che riguardano il potere. A loro va riconosciuto un merito semplice e raro: non voltarsi dall’altra parte.

Il resto è silenzio. Un silenzio compatto, disciplinato, quasi militare.

La vicenda è nota. Una diatriba pubblica tra due giornalisti: chi scrive e Eduardo Lamberti Castronuovo. Non è un cittadino qualunque; è un uomo con una quantità di incarichi che riempirebbero una pagina di curriculum: giornalista, editore, professore universitario, presidente del Conservatorio "Cilea", Grande Ufficiale della Repubblica, direttore di una clinica privata e candidato sindaco di Reggio Calabria. Un uomo pubblico, anzi pubblicissimo.

Il fatto — una richiesta di ammonimento presentata al Questore di Reggio Calabria — è diventato di dominio pubblico. Se ne è parlato in televisione. Sono arrivate prese di posizione, attestati di solidarietà, commenti. La notizia c’è. Esiste. Respira.

Eppure, a Reggio Calabria, nelle decine di testate giornalistiche che affollano il panorama cittadino, non una riga. Non un articolo. Non un titolo. Come se nulla fosse accaduto.

È questo il punto, e inquieta. Il meccanismo è sempre lo stesso, vecchio come l’ipocrisia: non si giudica il fatto, ma chi lo subisce. È successo come quando si giustifica uno stupro osservando l’abbigliamento della donna. "Era vestita in modo provocante", dicono. "Se l’è cercata".

Qui accade lo stesso. Non si entra nel merito, non si analizza l’interesse pubblico, non si fa informazione. Si archivia tutto con una sentenza morale non scritta: "te la sei cercata".

Ma il punto non è solo il silenzio. È ciò che questo silenzio rappresenta. Chi oggi ha taciuto ha umiliato il giornalismo e una città intera, mettendo a nudo la pochezza di un servizio che non è più racconto dei fatti, ma copia e incolla di comunicati stampa, una liturgia stanca che non disturba e non serve a nessuno.

In passato, per vicende simili, l’informazione locale ha reagito come se fosse scoppiata una guerra: editoriali, paginate intere, solidarietà diffuse. È chiaro: spesso era giusto così. Il giornalismo serve anche a questo.

Allora la domanda è inevitabile: perché questo silenzio, quando il fatto riguarda me? Qual è il criterio? Chi decide quando una notizia merita di esistere e quando deve essere sepolta?

Il silenzio non attenua una notizia; la amplifica, la rende più rumorosa e devastante. E, paradossalmente, dovrei ringraziarvi.

Per fortuna ci sono i social network. Esiste una cittadinanza che legge, commenta, giudica. Non ho bisogno di voi per raccontare ciò che accade. Altrimenti sì, sarebbe un problema serio.

E sia chiaro: io non sarò mai come voi. Non sarò prigioniero del silenzio opportunista, né dell’autocensura travestita da prudenza. Non confonderò mai il giornalismo con la comodità, né la verità con la convenienza. E di questo, ringrazio la mia storia, il mio percorso e la mia libertà.

Per fortuna.

Ma rimane un dato di fatto: questa è l’informazione a Reggio Calabria. Un’informazione che preferisce il silenzio al rischio, l’obbedienza al dubbio, la prudenza alla verità.

Non c’è rabbia in queste righe, ma solo la consapevolezza amara di una realtà che si è finalmente mostrata per ciò che è.

Sic et simpliciter!!!

Luigi Palamara
Giornalista e Artista Aspromontàno

#Giornalismo #LibertàDiStampa #ReggioCalabria #Silenzio #IlSilenzioCheUrla

@luigi.palamara Il silenzio che urla. L'Editoriale di Luigi Palamara Dire di essere stato lasciato solo sarebbe persino ingeneroso. Alcuni, pochi ma riconoscibili, hanno avuto il coraggio di fare il mestiere del giornalista: raccontare i fatti scomodi, soprattutto quelli che riguardano il potere. A loro va riconosciuto un merito semplice e raro: non voltarsi dall’altra parte. Il resto è silenzio. Un silenzio compatto, disciplinato, quasi militare. La vicenda è nota. Una diatriba pubblica tra due giornalisti: chi scrive e Eduardo Lamberti Castronuovo. Non è un cittadino qualunque; è un uomo con una quantità di incarichi che riempirebbero una pagina di curriculum: giornalista, editore, professore universitario, presidente del Conservatorio "Cilea", Grande Ufficiale della Repubblica, direttore di una clinica privata e candidato sindaco di Reggio Calabria. Un uomo pubblico, anzi pubblicissimo. Il fatto — una richiesta di ammonimento presentata al Questore di Reggio Calabria — è diventato di dominio pubblico. Se ne è parlato in televisione. Sono arrivate prese di posizione, attestati di solidarietà, commenti. La notizia c’è. Esiste. Respira. Eppure, a Reggio Calabria, nelle decine di testate giornalistiche che affollano il panorama cittadino, non una riga. Non un articolo. Non un titolo. Come se nulla fosse accaduto. È questo il punto, e inquieta. Il meccanismo è sempre lo stesso, vecchio come l’ipocrisia: non si giudica il fatto, ma chi lo subisce. È successo come quando si giustifica uno stupro osservando l’abbigliamento della donna. "Era vestita in modo provocante", dicono. "Se l’è cercata". Qui accade lo stesso. Non si entra nel merito, non si analizza l’interesse pubblico, non si fa informazione. Si archivia tutto con una sentenza morale non scritta: "te la sei cercata". Ma il punto non è solo il silenzio. È ciò che questo silenzio rappresenta. Chi oggi ha taciuto ha umiliato il giornalismo e una città intera, mettendo a nudo la pochezza di un servizio che non è più racconto dei fatti, ma copia e incolla di comunicati stampa, una liturgia stanca che non disturba e non serve a nessuno. In passato, per vicende simili, l’informazione locale ha reagito come se fosse scoppiata una guerra: editoriali, paginate intere, solidarietà diffuse. È chiaro: spesso era giusto così. Il giornalismo serve anche a questo. Allora la domanda è inevitabile: perché questo silenzio, quando il fatto riguarda me? Qual è il criterio? Chi decide quando una notizia merita di esistere e quando deve essere sepolta? Il silenzio non attenua una notizia; la amplifica, la rende più rumorosa e devastante. E, paradossalmente, dovrei ringraziarvi. Per fortuna ci sono i social network. Esiste una cittadinanza che legge, commenta, giudica. Non ho bisogno di voi per raccontare ciò che accade. Altrimenti sì, sarebbe un problema serio. E sia chiaro: io non sarò mai come voi. Non sarò prigioniero del silenzio opportunista, né dell’autocensura travestita da prudenza. Non confonderò mai il giornalismo con la comodità, né la verità con la convenienza. E di questo, ringrazio la mia storia, il mio percorso e la mia libertà. Per fortuna. Ma rimane un dato di fatto: questa è l’informazione a Reggio Calabria. Un’informazione che preferisce il silenzio al rischio, l’obbedienza al dubbio, la prudenza alla verità. Non c’è rabbia in queste righe, ma solo la consapevolezza amara di una realtà che si è finalmente mostrata per ciò che è. Sic et simpliciter!!! Luigi Palamara Giornalista e Artista Aspromontàno #Giornalismo #LibertàDiStampa #ReggioCalabria #Silenzio #IlSilenzioCheUrla ♬ suono originale - Luigi Palamara

Commenti