Accusare per non guardarsi.
L'Editoriale di Luigi Palamara
La vergogna è una parola che non va di moda. È scomoda, graffia, non concede alibi. Eppure governa le nostre vite più di quanto siamo disposti ad ammettere. Non fa rumore, non chiede il permesso, ma arriva puntuale come un conto non pagato.
Capire cos’è la vergogna significa guardarsi allo specchio senza l’astuzia del trucco. Significa accettare che ci rende insieme imputati e giudici, protagonisti e testimoni. E non sempre vinciamo il processo. Anzi, quasi mai.
C’è chi, dovendo vergognarsi, punta il dito altrove. È un vecchio sport nazionale: accusare per non essere accusati. Si pensa di farla franca, di confondere le acque, di travestire il vuoto da ragione. Ma nella vita puoi fare tutto, tranne una cosa: non essere ciò che sei. E questo, più di chiunque altro, lo sai tu.
Allora fai finta di non capire. Sorvoli. Minimizza. E intanto la vergogna ti circonda, ti marca come una cicatrice che credi invisibile ma che tutti vedono. Ti rende riconoscibile. Non per ciò che dici, ma per ciò che eviti.
La cosa peggiore è che la urli agli altri. La chiami con altri nomi, la travesti da indignazione, da morale, da superiorità. E non ti accorgi che sei diventato tu la vergogna che denunci. È il paradosso finale: credersi puri mentre si affonda.
Quando lo capirai, forse, sarà tardi. Ma non per la vergogna. Lei, paziente, sarà ancora lì ad aspettarti. Come la verità.
Luigi Palamara
Giornalista e Artista Aspromontàno
#vergogna
#editoriale #luigipalamara
#aspromonte
@luigi.palamara Accusare per non guardarsi. L'Editoriale di Luigi Palamara La vergogna è una parola che non va di moda. È scomoda, graffia, non concede alibi. Eppure governa le nostre vite più di quanto siamo disposti ad ammettere. Non fa rumore, non chiede il permesso, ma arriva puntuale come un conto non pagato. Capire cos’è la vergogna significa guardarsi allo specchio senza l’astuzia del trucco. Significa accettare che ci rende insieme imputati e giudici, protagonisti e testimoni. E non sempre vinciamo il processo. Anzi, quasi mai. C’è chi, dovendo vergognarsi, punta il dito altrove. È un vecchio sport nazionale: accusare per non essere accusati. Si pensa di farla franca, di confondere le acque, di travestire il vuoto da ragione. Ma nella vita puoi fare tutto, tranne una cosa: non essere ciò che sei. E questo, più di chiunque altro, lo sai tu. Allora fai finta di non capire. Sorvoli. Minimizza. E intanto la vergogna ti circonda, ti marca come una cicatrice che credi invisibile ma che tutti vedono. Ti rende riconoscibile. Non per ciò che dici, ma per ciò che eviti. La cosa peggiore è che la urli agli altri. La chiami con altri nomi, la travesti da indignazione, da morale, da superiorità. E non ti accorgi che sei diventato tu la vergogna che denunci. È il paradosso finale: credersi puri mentre si affonda. Quando lo capirai, forse, sarà tardi. Ma non per la vergogna. Lei, paziente, sarà ancora lì ad aspettarti. Come la verità. Luigi Palamara Giornalista e Artista Aspromontàno #vergogna #editoriale #luigipalamara #aspromonte ♬ suono originale - Luigi Palamara
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