Io, giornalista senza padroni: ecco l’intimidazione che ho subìto e sto subendo.

Io, giornalista senza padroni: ecco l’intimidazione che ho subìto e sto subendo.
L'Editoriale di Luigi Palamara


Un’immagine che vorrei fissare nella mente di chi legge.
Io sono un giornalista – non un influencer, non un portavoce travestito da opinionista – ma un cronista che ogni giorno si sveglia e racconta ciò che accade nella sua città, Reggio Calabria.
Lo faccio con passione, con competenza, con quella determinazione che nasce solo da una cosa: la libertà.

Le mie pagine, i miei video, le mie interviste vengono lette e seguite da centinaia di migliaia di persone. Ogni giorno.
È un impegno costante, spesso faticoso, altre volte scomodo.
Ma mai, neppure per un momento, è stato inquinato da interessi, padroni o convenienze.
Non ho sponsor.
Non ho pubblicità.
Non ho padrini né padroncini.
E non ho mai preso un solo centesimo di denaro pubblico in vita mia.

Quello che qualcuno chiama “successo” non mi ha mai sfiorato la testa.
Semmai mi ha imposto una disciplina più severa: raccontare meglio, capire di più, ascoltare chi troppo spesso non viene ascoltato.
E così passo le mie giornate: tra cittadini che bussano, problemi che esplodono, politici che promettono e disattendono.
Raccolgo, analizzo, scrivo.
È la mia natura.
La mia voce.
Il mio mestiere.

Non sono arrivato qui per caso.
Sono il frutto dei sacrifici dei miei genitori, della loro fiducia in me, dei loro risparmi spesi per farmi studiare e capire la vita.
È da quella scuola – la più dura, la più vera – che nasce ciò che sono.

Ma veniamo al punto.
Il 1° ottobre 2025 un sedicente candidato a sindaco di Reggio Calabria decide di varcare la soglia della Questura.
Non per denunciare un torto subito, non per segnalare un pericolo, non per difendere un diritto.
No.
Ci va per lamentarsi… dei miei articoli.

Articoli nei quali non c’è nulla di illecito.
Nessuna diffamazione.
Nessun reato.
Soltanto cronaca, analisi, opinioni.
In una parola: libertà di stampa.

E cosa chiede?
Chiede al Questore di ammonirmi.
Di intimarmi di non scrivere più nulla su di lui.
Di tacere.
Di sparire.

Rileggetela, questa scena.
Sembra uscita da una repubblica improvvisata, non da una democrazia occidentale.
Un politico che chiede alla Polizia di mettere il bavaglio a un giornalista.
A me.

Mai, nella storia recente di Reggio Calabria, della Calabria, e perfino dell’Italia, si era vista una pretesa così grottesca e pericolosa insieme.
Immaginate il Questore che mi convoca per dirmi: “Lei non deve più scrivere su quel personaggio pubblico”.
L’assurdo elevato a prassi.
L’intimidazione travestita da richiesta formale.

Ecco cosa è stato.
Un tentativo di censura.
Un attacco diretto alla mia libertà e a quella di chi legge.
E su questo intendo combattere fino in fondo, anche oltre i confini della città
.

In questi giorni depositerò una querela, perché certe affermazioni – certe valutazioni – non possono essere lasciate nella nebbia delle chiacchiere da corridoio.
Serve un magistrato.
Serve chiarezza.
Serve verità.

Ma soprattutto serve che questo tentativo di farmi tacere venga mostrato, raccontato, denunciato.
Ovunque.

Perché ciò che è accaduto è inaccettabile.
E non deve accadere mai più a nessun giornalista, a nessun cronista, a nessuna voce libera.

Per questo mi aspetto solidarietà.
Dai cittadini, dalle Istituzioni, dalle associazioni, dall’Ordine dei giornalisti.
Una solidarietà netta, senza ambiguità, senza calcoli.

Perché quando qualcuno arriva a chiedere di zittire una voce libera, non colpisce solo quella voce: tenta di colpire un’intera comunità.
E su questo non esiste compromesso.
Non esiste paura.
Non esiste silenzio
.

Non oggi.
Non domani.
Non mai.

Luigi Palamara
8 dicembre 2025
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