La Repubblica dei like e il coraggio di dirlo.

La Repubblica dei like e il coraggio di dirlo.
Falcomatà: “Servono competenze digitali per una PA all’altezza delle sfide attuali”
L'Editoriale di Luigi Palamara 

A Reggio Calabria, dentro le stanze solenni di Palazzo Alvaro, si è svolto un incontro che, a leggerlo in agenda, poteva sembrare uno dei tanti. “Nuovi strumenti di comunicazione”, c’era scritto.
Ma chi c’era lo ha capito subito: non era un seminario tecnico. Era un atto politico. Un momento in cui la Pubblica Amministrazione ha guardato in faccia il proprio tempo, forse per la prima volta senza distogliere lo sguardo.

Ha aperto i lavori Stefano Perri, capo dell’Ufficio Stampa metropolitano, disegnando una fotografia sincera – fin troppo – dello stato della comunicazione pubblica italiana: uffici stampa che nei piccoli comuni non esistono, social gestiti quasi per volontariato amministrativo, fake news che si diffondono rapide come un incendio nel vento, una Legge 150 che ha venticinque anni e oggi è antiquariato.
La sua introduzione, asciutta e tecnica, conteneva però un messaggio politico: senza riconoscere professionalità e strumenti, la comunicazione pubblica resterà un colabrodo.

A raccogliere il testimone è stata Simona Scarcella, sindaca di Gioia Tauro e vicepresidente Anci Calabria. Con la naturalezza di chi vive la trincea ogni giorno, ha detto la cosa che in Italia si continua a ignorare: la comunicazione istituzionale sui social non è un vezzo, ma un obbligo di servizio pubblico.
I cittadini non aspettano più la pagina del giornale o il comunicato sull’albo pretorio. Vogliono sapere adesso, sul telefono, con la stessa velocità con cui scorrono una chat. E i comuni – ha insistito Scarcella – non possono sottrarsi: devono presidiare Facebook, WhatsApp, Instagram. O saranno altri a farlo al posto loro.

Poi ha preso la parola Giuseppe Falcomatà, sindaco metropolitano, e il discorso si è allargato: non più solo la pratica quotidiana, ma la trasformazione culturale che i social hanno imposto.
Falcomatà ha parlato con la lucidità di chi questa rivoluzione l’ha attraversata in prima linea: dodici anni di amministrazione dentro un ecosistema digitale che cambia ogni sei mesi. Ha ricordato come Facebook del 2010 fosse un’altra galassia rispetto agli strumenti odierni; come Facebook, WhatsApp, Instagram, TikTok, Telegram abbiano ridefinito la percezione stessa della realtà pubblica.

La sua analisi, asciugata dalle retoriche di circostanza, si può riassumere così: oggi ogni problema locale diventa immediatamente globale.
Un tombino saltato non riguarda più il quartiere: diventa dibattito cittadino.
Una piazzetta riqualificata non resta più un patrimonio di rione: diventa, se raccontata bene, un bene comune.

È la fine dell’amministrazione “a compartimenti stagni”: tutto è immediatamente “di tutti”, nel bene e nel male.

Falcomatà ha detto anche un’altra verità, quella che spesso nessuno vuole pronunciare:
la comunicazione non è più un orpello, né un accessorio, né un compito assegnato a chi “ha meno da fare”. È un servizio pubblico essenziale.
E non è più nemmeno quell’autocelebrazione buona per distribuire qualche foto.
Perché la memoria dei social è spietata: quello che prometti e non mantieni torna indietro come un boomerang, amplificato.

Ha aggiunto che la comunicazione del sindaco e quella dell’ente sono due cose diverse, ma spesso i cittadini non lo percepiscono. Seguono il volto, non l’istituzione. E così l’account personale diventa, volente o nolente, un’estensione dell’ufficio stampa.

Ma è sul tema dell’urgenza – e delle emergenze – che Falcomatà ha puntato il dito con più forza:
allerta meteo, chiusura scuole, incidenti, viabilità, disservizi.
La gente pretende risposte immediatamente. “Di che colore è l’allerta?” è diventata una domanda nazionale, un riflesso condizionato. E se non rispondi in tempo reale, sei già in ritardo.

In questo quadro, la presenza di Meta – rappresentata dalla dirigente Ida D’Alessandro – non era un dettaglio, ma un segnale: la tecnologia non si guarda più da fuori, si interroga, la si studia, la si usa. Non come sudditi dell’algoritmo, ma come amministratori che devono governare la complessità, non subirla.

Il percorso formativo Anci–Meta, già passato da Roma a Firenze, da Napoli a Torino, ora approda a Reggio Calabria come una sorta di “migrazione civile” verso una Pubblica Amministrazione più matura.
Non basta formare: bisogna aggiornare la legge, riconoscere ruoli, creare figure professionali, dare dignità e organici reali ai comunicatori pubblici.

Falcomatà lo ha detto chiaramente: il tempo del bricolage comunicativo è finito.
Servono persone competenti, non improvvisati. Strumenti adeguati, non soluzioni di fortuna.
Se il mondo corre, la PA non può restare ferma al palo.

E ascoltando tutto questo, mi viene da dire:
“Gli italiani non cambiano: cambiano gli strumenti con cui si informano.”

E quello che molti pensano in silenzio:
“Non abbiate paura dei social. Abbiate paura del silenzio e dell’opacità.”

Perché è qui il punto.
Il rumore dei like passa.
La credibilità no.
E senza credibilità, la democrazia è un esercizio di stile.

A Palazzo Alvaro, questa mattina, la Pubblica Amministrazione ha provato – finalmente – a rimettere la verità al centro.
Il resto, i social, gli algoritmi, le reazioni, sono strumenti. E gli strumenti, come sempre, dipendono da chi li usa.

Luigi Palamara 
Tutti i diritti riservati 
Reggio Calabria 4 dicembre 2025

Nota:

La tappa di Reggio Calabria, introdotta dal capo ufficio stampa della Città metropolitana, Stefano Perri, si inserisce nel percorso formativo Anci–Meta che nel 2025 ha coinvolto – assieme alle Anci regionali – i Comuni di Roma, Milano, Firenze, Palermo, Napoli, Bari, L’Aquila, Cagliari, Treviso e Torino. All'evento formativo sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco di Gioia Tauro Simona Scarcella, vicepresidente di Anci Calabria, in video collegamento il capo ufficio stampa di Anci Danilo Moriero. E seguita poi la relazione tecnica di Ida D'Alessandro dirigente Meta.
@luigi.palamara

A Palazzo Alvaro si discute di nuovi strumenti di comunicazione e social network: successo di pubblico per la formazione promossa da Anci e Meta, con il supporto della Città Metropolitana, destinata ai comunicatori pubblici Il sindaco Falcomatà ha tenuto a battesimo l'evento formativo: "Un confronto utile a capire come cambiano modi e tempi della comunicazione. Comunicare bene è oggi un obiettivo al pari degli altri servizi essenziali erogati dagli Enti locali" "La comunicazione è ormai sempre più centrale nelle dinamiche politiche ed amministrative e nel gestione della cosa pubblica. Comunicare bene non è più un aspetto accessorio per la Pubblica Amministrazione, ma è diventato nel tempo un obiettivo fondamentale, in grado di determinare i processi e la percezione da parte dei cittadini al pari di altri servizi pubblici essenziali. Per questo abbiamo voluto fortemente questo momento formativo, destinato agli uffici stampa dei Comuni ed in generale ai comunicatori pubblici, che ha suscitato un enorme interesse sul nostro territorio con più di un centinaio di partecipanti. Ci tengo a ringraziare Meta, con la sua Dirigente Ida D'Alessandro, per la sua straordinaria disponibilità e per l'efficacia della sua relazione, e tutta la struttura di Anci. E' stato per noi un confronto molto utile a capire come sono cambiati, e come continuano a cambiare, i modi e i tempi della comunicazione, che influiscono sui processi di partecipazione pubblica, sulla trasparenza, sulla percezione della comunità e naturalmente anche sulla stessa credibilità delle istituzioni territoriali". Così il sindaco metropolitano di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, prendendo parte a Palazzo Alvaro alla giornata formativa ‘Nuovi strumenti di comunicazione’ promosso da Meta ed Anci nazionale con il supporto della Città Metropolitana di Reggio Calabria ed Anci Calabria.  “In questi ultimi anni abbiamo avuto la netta percezione di come sia cambiata la comunicazione, rispetto anche a quella che è stata la prima rivoluzione comunicativa legata all’introduzione dei social network. Come amministrazione pubblica, nel nostro percorso amministrativo, negli ultimi circa 12 anni, ci sentiamo dei nativi di questo nuovo modo di comunicare. Occorre stare al passo con i tempi e le amministrazioni pubbliche, le istituzioni, devono intraprendere un percorso di modernizzazione dei processi. Ecco perché abbiamo ritenuto utile promuovere insieme ad Anci e Meta questo evento di aggiornamento e formazione, per gli uffici stampa e i comunicatori pubblici”.  “Nell'era dei social network e della comunicazione diretta un piccolo problema, di un quartiere o di una stradina diventa immediatamente di dominio pubblico e spesso fonte di dibattito. Così come anche una bella e piccola esperienza rionale, può, allo stesso tempo, divenire attrattiva per chiunque. Cambiano quindi i modi e i tempi della comunicazione – ha evidenziato Falcomatà - che diventa paragonabile, a tutti gli effetti, ad un servizio pubblico essenziale che si offre alla cittadinanza. E’ certamente una grande rivoluzione, perché la maggioranza dei cittadini si informa attraverso i social e ha bisogno di comunicare attraverso di essi con una maggiore velocità e dinamicità nell’informazione".  “Come Anci nazionale - ha affermato Falcomatà - siamo contenti di poter coinvolgere partner importanti come Meta, ma anche di promuovere un aggiornamento della Legge 150 investendo non solo sulla formazione dotandosi di professionisti che sappiano utilizzare gli strumenti social in maniera adeguata alle sfide a cui oggi sono chiamate le amministrazioni pubbliche”.  La tappa di Reggio Calabria, introdotta dal capo ufficio stampa della Città metropolitana, Stefano Perri, si inserisce nel percorso formativo Anci–Meta che nel 2025 ha coinvolto – assieme alle Anci regionali – i Comuni di Roma, Milano, Firenze, Palermo, Napoli, Bari, L’Aquila, Cagliari, Treviso e Torino. All'evento formativo sono intervenuti, tra gli altri, il si

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INTERVENTO DI SIMONA SCARCELLA SINDACA DI GIOIA TAURO E VICEPRESIDENTE ANCI CALABRIA HIGHLIGHTS La Repubblica dei like e il coraggio di dirlo. Falcomatà: “Servono competenze digitali per una PA all’altezza delle sfide attuali” L'Editoriale di Luigi Palamara A Reggio Calabria, dentro le stanze solenni di Palazzo Alvaro, si è svolto un incontro che, a leggerlo in agenda, poteva sembrare uno dei tanti. “Nuovi strumenti di comunicazione”, c’era scritto. Ma chi c’era lo ha capito subito: non era un seminario tecnico. Era un atto politico. Un momento in cui la Pubblica Amministrazione ha guardato in faccia il proprio tempo, forse per la prima volta senza distogliere lo sguardo. Ha aperto i lavori Stefano Perri, capo dell’Ufficio Stampa metropolitano, disegnando una fotografia sincera – fin troppo – dello stato della comunicazione pubblica italiana: uffici stampa che nei piccoli comuni non esistono, social gestiti quasi per volontariato amministrativo, fake news che si diffondono rapide come un incendio nel vento, una Legge 150 che ha venticinque anni e oggi è antiquariato. La sua introduzione, asciutta e tecnica, conteneva però un messaggio politico: senza riconoscere professionalità e strumenti, la comunicazione pubblica resterà un colabrodo. A raccogliere il testimone è stata Simona Scarcella, sindaca di Gioia Tauro e vicepresidente Anci Calabria. Con la naturalezza di chi vive la trincea ogni giorno, ha detto la cosa che in Italia si continua a ignorare: la comunicazione istituzionale sui social non è un vezzo, ma un obbligo di servizio pubblico. I cittadini non aspettano più la pagina del giornale o il comunicato sull’albo pretorio. Vogliono sapere adesso, sul telefono, con la stessa velocità con cui scorrono una chat. E i comuni – ha insistito Scarcella – non possono sottrarsi: devono presidiare Facebook, WhatsApp, Instagram. O saranno altri a farlo al posto loro. Poi ha preso la parola Giuseppe Falcomatà, sindaco metropolitano, e il discorso si è allargato: non più solo la pratica quotidiana, ma la trasformazione culturale che i social hanno imposto. Falcomatà ha parlato con la lucidità di chi questa rivoluzione l’ha attraversata in prima linea: dodici anni di amministrazione dentro un ecosistema digitale che cambia ogni sei mesi. Ha ricordato come Facebook del 2010 fosse un’altra galassia rispetto agli strumenti odierni; come Facebook, WhatsApp, Instagram, TikTok, Telegram abbiano ridefinito la percezione stessa della realtà pubblica. La sua analisi, asciugata dalle retoriche di circostanza, si può riassumere così: oggi ogni problema locale diventa immediatamente globale. Un tombino saltato non riguarda più il quartiere: diventa dibattito cittadino. Una piazzetta riqualificata non resta più un patrimonio di rione: diventa, se raccontata bene, un bene comune. È la fine dell’amministrazione “a compartimenti stagni”: tutto è immediatamente “di tutti”, nel bene e nel male. Falcomatà ha detto anche un’altra verità, quella che spesso nessuno vuole pronunciare: la comunicazione non è più un orpello, né un accessorio, né un compito assegnato a chi “ha meno da fare”. È un servizio pubblico essenziale. E non è più nemmeno quell’autocelebrazione buona per distribuire qualche foto. Perché la memoria dei social è spietata: quello che prometti e non mantieni torna indietro come un boomerang, amplificato. Ha aggiunto che la comunicazione del sindaco e quella dell’ente sono due cose diverse, ma spesso i cittadini non lo percepiscono. Seguono il volto, non l’istituzione. E così l’account personale diventa, volente o nolente, un’estensione dell’ufficio stampa. Ma è sul tema dell’urgenza – e delle emergenze – che Falcomatà ha puntato il dito con più forza: allerta meteo, chiusura scuole, incidenti, viabilità, disservizi. La gente pretende risposte immediatamente. “Di che colore è l’allerta?” è diventata una domanda nazionale, un riflesso condizionato. E se non rispondi in tempo reale, sei già in ritardo. In questo quadro, la presenza di Meta – rappresentata dalla dir

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INTERVENTO DI STEFANO PERRI HIGHLIGHTS La Repubblica dei like e il coraggio di dirlo. Falcomatà: “Servono competenze digitali per una PA all’altezza delle sfide attuali” L'Editoriale di Luigi Palamara A Reggio Calabria, dentro le stanze solenni di Palazzo Alvaro, si è svolto un incontro che, a leggerlo in agenda, poteva sembrare uno dei tanti. “Nuovi strumenti di comunicazione”, c’era scritto. Ma chi c’era lo ha capito subito: non era un seminario tecnico. Era un atto politico. Un momento in cui la Pubblica Amministrazione ha guardato in faccia il proprio tempo, forse per la prima volta senza distogliere lo sguardo. Ha aperto i lavori Stefano Perri, capo dell’Ufficio Stampa metropolitano, disegnando una fotografia sincera – fin troppo – dello stato della comunicazione pubblica italiana: uffici stampa che nei piccoli comuni non esistono, social gestiti quasi per volontariato amministrativo, fake news che si diffondono rapide come un incendio nel vento, una Legge 150 che ha venticinque anni e oggi è antiquariato. La sua introduzione, asciutta e tecnica, conteneva però un messaggio politico: senza riconoscere professionalità e strumenti, la comunicazione pubblica resterà un colabrodo. A raccogliere il testimone è stata Simona Scarcella, sindaca di Gioia Tauro e vicepresidente Anci Calabria. Con la naturalezza di chi vive la trincea ogni giorno, ha detto la cosa che in Italia si continua a ignorare: la comunicazione istituzionale sui social non è un vezzo, ma un obbligo di servizio pubblico. I cittadini non aspettano più la pagina del giornale o il comunicato sull’albo pretorio. Vogliono sapere adesso, sul telefono, con la stessa velocità con cui scorrono una chat. E i comuni – ha insistito Scarcella – non possono sottrarsi: devono presidiare Facebook, WhatsApp, Instagram. O saranno altri a farlo al posto loro. Poi ha preso la parola Giuseppe Falcomatà, sindaco metropolitano, e il discorso si è allargato: non più solo la pratica quotidiana, ma la trasformazione culturale che i social hanno imposto. Falcomatà ha parlato con la lucidità di chi questa rivoluzione l’ha attraversata in prima linea: dodici anni di amministrazione dentro un ecosistema digitale che cambia ogni sei mesi. Ha ricordato come Facebook del 2010 fosse un’altra galassia rispetto agli strumenti odierni; come Facebook, WhatsApp, Instagram, TikTok, Telegram abbiano ridefinito la percezione stessa della realtà pubblica. La sua analisi, asciugata dalle retoriche di circostanza, si può riassumere così: oggi ogni problema locale diventa immediatamente globale. Un tombino saltato non riguarda più il quartiere: diventa dibattito cittadino. Una piazzetta riqualificata non resta più un patrimonio di rione: diventa, se raccontata bene, un bene comune. È la fine dell’amministrazione “a compartimenti stagni”: tutto è immediatamente “di tutti”, nel bene e nel male. Falcomatà ha detto anche un’altra verità, quella che spesso nessuno vuole pronunciare: la comunicazione non è più un orpello, né un accessorio, né un compito assegnato a chi “ha meno da fare”. È un servizio pubblico essenziale. E non è più nemmeno quell’autocelebrazione buona per distribuire qualche foto. Perché la memoria dei social è spietata: quello che prometti e non mantieni torna indietro come un boomerang, amplificato. Ha aggiunto che la comunicazione del sindaco e quella dell’ente sono due cose diverse, ma spesso i cittadini non lo percepiscono. Seguono il volto, non l’istituzione. E così l’account personale diventa, volente o nolente, un’estensione dell’ufficio stampa. Ma è sul tema dell’urgenza – e delle emergenze – che Falcomatà ha puntato il dito con più forza: allerta meteo, chiusura scuole, incidenti, viabilità, disservizi. La gente pretende risposte immediatamente. “Di che colore è l’allerta?” è diventata una domanda nazionale, un riflesso condizionato. E se non rispondi in tempo reale, sei già in ritardo. In questo quadro, la presenza di Meta – rappresentata dalla dirigente Ida D’Alessandro – non era un dettaglio, ma un seg

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