Reggio Calabria e il suo fiore più bello: l’eredità viva di Italo Falcomatà.
L'Editoriale di Luigi Palamara
Ci sono città che sembrano parlare solo a chi ha la pazienza di ascoltarle. E poi ce ne sono altre, più rare, che ti strattonano per il bavero e ti costringono a guardarle negli occhi. Reggio Calabria appartiene a questa seconda razza: quella delle città che non si concedono facilmente, che si lasciano amare solo se accetti di sporcarti le mani con la loro storia, le loro ferite, il loro orgoglio antico quanto la pietra dei bronzi che custodisce.
E dentro questa storia, che è un misto di primavera e testardaggine, spunta un nome che ancora oggi profuma come i fiori che sbocciano dopo un inverno ostinato: Italo Falcomatà. Un uomo che non apparteneva semplicemente alla sua città; ne era, per così dire, il fiore più bello. Quello che nasce nel punto più esposto, dove nessuno scommetterebbe un centesimo, e invece attecchisce, cresce, profuma. Uno di quei rari casi in cui la politica, invece di puzzare di compromesso e di corridoi, torna a sapere di strada, di mare, di popolo.
Oggi che Giuseppe, suo figlio, regge il timone della città, Reggio fa una cosa che gli uomini solitamente non sanno fare: prende per mano contemporaneamente il passato e il presente. Il figlio che corre più veloce del padre non è una decadenza rispetto al mito; è la dimostrazione che i miti, quando sono veri, generano eredità vive, non statue di bronzo su cui i piccioni la fanno franca. E inserirsi in questo percorso non è una medaglia da appuntarsi al petto, ma un privilegio: quello di entrare nella trama pulsante di un luogo che esige continuità, non celebrazioni.
C’è un momento, nella vita di una città, in cui la memoria smette di essere commemorazione e diventa carne, movimento, presente. Succede quando il nome del morto non lo pronunci più con la cautela delle ricorrenze, ma con la naturalezza dei vivi. È questo il caso di Italo. Oggi ricorre l’anniversario della sua morte, eppure basterebbe fare un giro per le strade, guardare le facce, ascoltare certe frasi che tornano come ritornelli, per capire che Italo Falcomatà è più vivo di molti che respirano.
Il fiore più bello di Reggio: l’eredità viva di Italo Falcomatà
Lo è nei ricordi di chi lo ha conosciuto e, cosa ancora più sorprendente, negli occhi di chi ne ha solo sentito parlare. Perché un uomo diventa davvero imprescindibile quando supera il suo tempo, quando il suo nome continua a camminare anche senza di lui. Questo è il miracolo laico – e per questo più autentico – che Reggio Calabria continua a vivere: non piange un fantasma, ma dialoga con una presenza.
La primavera reggina non è stata una stagione. È stata un modo di stare al mondo. E, come tutte le primavere vere, lascia un profumo che non se ne va. Nemmeno oggi. Nemmeno adesso.
Luigi Palamara
Tutti i diritti riservati
Reggio Calabria 11 dicembre 2025
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@luigi.palamara Reggio Calabria e il suo fiore più bello: l’eredità viva di Italo Falcomatà. L'Editoriale di Luigi Palamara Ci sono città che sembrano parlare solo a chi ha la pazienza di ascoltarle. E poi ce ne sono altre, più rare, che ti strattonano per il bavero e ti costringono a guardarle negli occhi. Reggio Calabria appartiene a questa seconda razza: quella delle città che non si concedono facilmente, che si lasciano amare solo se accetti di sporcarti le mani con la loro storia, le loro ferite, il loro orgoglio antico quanto la pietra dei bronzi che custodisce. E dentro questa storia, che è un misto di primavera e testardaggine, spunta un nome che ancora oggi profuma come i fiori che sbocciano dopo un inverno ostinato: Italo Falcomatà. Un uomo che non apparteneva semplicemente alla sua città; ne era, per così dire, il fiore più bello. Quello che nasce nel punto più esposto, dove nessuno scommetterebbe un centesimo, e invece attecchisce, cresce, profuma. Uno di quei rari casi in cui la politica, invece di puzzare di compromesso e di corridoi, torna a sapere di strada, di mare, di popolo. Oggi che Giuseppe, suo figlio, regge il timone della città, Reggio fa una cosa che gli uomini solitamente non sanno fare: prende per mano contemporaneamente il passato e il presente. Il figlio che corre più veloce del padre non è una decadenza rispetto al mito; è la dimostrazione che i miti, quando sono veri, generano eredità vive, non statue di bronzo su cui i piccioni la fanno franca. E inserirsi in questo percorso non è una medaglia da appuntarsi al petto, ma un privilegio: quello di entrare nella trama pulsante di un luogo che esige continuità, non celebrazioni. C’è un momento, nella vita di una città, in cui la memoria smette di essere commemorazione e diventa carne, movimento, presente. Succede quando il nome del morto non lo pronunci più con la cautela delle ricorrenze, ma con la naturalezza dei vivi. È questo il caso di Italo. Oggi ricorre l’anniversario della sua morte, eppure basterebbe fare un giro per le strade, guardare le facce, ascoltare certe frasi che tornano come ritornelli, per capire che Italo Falcomatà è più vivo di molti che respirano. Il fiore più bello di Reggio: l’eredità viva di Italo Falcomatà Lo è nei ricordi di chi lo ha conosciuto e, cosa ancora più sorprendente, negli occhi di chi ne ha solo sentito parlare. Perché un uomo diventa davvero imprescindibile quando supera il suo tempo, quando il suo nome continua a camminare anche senza di lui. Questo è il miracolo laico – e per questo più autentico – che Reggio Calabria continua a vivere: non piange un fantasma, ma dialoga con una presenza. La primavera reggina non è stata una stagione. È stata un modo di stare al mondo. E, come tutte le primavere vere, lascia un profumo che non se ne va. Nemmeno oggi. Nemmeno adesso. Luigi Palamara Giornalista e Artista Aspromontàno Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 11 dicembre 2025 #italofalcomatà #primavera #reggiocalabria #giuseppefalcomatà #luigipalamara ♬ suono originale - Luigi Palamara
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