Smantellate tre organizzazioni dedite al narcotraffico tra Siderno e Platì
Dalla conferenza stampa della DDA di Reggio Calabria vengono svelati i traffici di cocaina e coltivazioni di marijuana tra Platì, Siderno e l’America Latina. Operazione “Pratì”: 17 arresti e 4 ricercati. Ancora nessun nome oltre i due componenti della famiglia Scali-Abbate di Mammola
È scattata alle prime luci dell’alba l’operazione “Pratì” condotta dalla Polizia di Stato, che ha visto impegnati oltre 120 agenti nei territori di Platì e Siderno, in provincia di Reggio Calabria, e nelle città di Milano, Spoleto, Pavia e Voghera. L’azione ha portato all’arresto di 17 persone ritenute gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, coltivazione di canapa indiana, lavorazione e spaccio di marijuana, e detenzione illegale di armi da fuoco.
Altri quattro indagati sono attualmente irreperibili, e le ricerche sono state estese a livello internazionale con il coinvolgimento del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e del progetto ICAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta).
L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal dott. Giuseppe Lombardo, ha permesso di smascherare l’attività di tre distinti gruppi criminali, operativi nella Locride e con collegamenti diretti in Colombia ed Ecuador.
Due dei gruppi si occupavano dell’importazione di cocaina nascosta all’interno di container su navi commerciali, mentre un terzo era dedicato alla coltivazione e distribuzione di marijuana, gestendo tutte le fasi della filiera: dalla selezione dei semi alla vendita sul territorio.
Le indagini traggono origine da un tentativo di importazione di cocaina dal Sudamerica finanziato da soggetti legati alla cosca Scali-Abbate della ‘ndrangheta di Mammola, alcuni dei quali già coinvolti nella precedente operazione “Malea”. Due dei principali indagati risultano figure di vertice con i ruoli di “Capo Società” e “Mastro di Giornata”.
Dagli approfondimenti investigativi sono emerse le seguenti articolazioni:
Un primo gruppo impegnato nei rapporti diretti con i narcos sudamericani e nel coordinamento logistico per il trasporto della cocaina.
Un secondo gruppo, con contatti privilegiati con esponenti del potente cartello colombiano “Clan del Golfo”.
Un terzo gruppo, radicato nel territorio calabrese, specializzato nella coltivazione intensiva di canapa indiana, con tecniche avanzate di irrigazione e illuminazione.
Le attività illecite avevano il potenziale di generare un giro d’affari stimato in oltre 30 milioni di euro, grazie a carichi da 300 kg di cocaina destinati al mercato italiano. Alcuni tentativi di importazione non si sono concretizzati per ostacoli emersi durante le trattative con i fornitori sudamericani.
Emblematico un episodio documentato dagli investigatori, che hanno intercettato un pacco apparentemente innocuo spedito tramite un corriere internazionale. All’interno, occultato in chicchi di caffè, si trovava 1 kg di cocaina purissima. Il plico è stato sequestrato all’aeroporto di Ciampino, a Roma, su disposizione della Procura di Reggio Calabria.
Secondo quanto ricostruito, l’organizzazione poteva contare su referenti calabresi stabilmente residenti in Colombia, che curavano ogni fase della spedizione: dall’occultamento al tracciamento del carico.
Nel gruppo dedito alla marijuana, i ruoli erano ben distribuiti: esperti agronomi improvvisati si occupavano della scelta dei terreni, dell’impianto dei semi e della cura delle colture, fino allo stoccaggio e alla vendita.
Ruoli e funzioni erano professionalmente ripartiti tra i partecipi del gruppo che hanno evidenziato particolare perizia nella scelta dei terreni da coltivare, nella selezione sei semi da impiantare e nelle modalità di illuminazione de irrigazione delle piante.
il primo gruppo operante in Platì, sono stati individuati capi, promotori e identificati gli interlocutori che, in territorio colombiano, interloquivano direttamente con i narcos.
È stato ricostruito un tentativo di importazione di 100\150 kg di cocaina:
artt. 56, 99, 110 c.p. e 73 co. 1 e 6 e 80 co. 2 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro nonché con altre persone allo stato non identificate (tra le quali i narcotrafficanti colombiani ed ecuadoriani) e quindi col concorso di almeno tre persone, con i ruoli meglio specificati al precedente capo A.l), senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, ponevano in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco ad importare e/o ricevere in Italia un quantitativo pari a circa 100/150 kg di sostanza stupefacente del tipo cocaina, da commerciare poi sul territorio nazionale italiano, non riuscendo nel proprio intento per cause indipendenti dalla propria volontà, dopo aver già corrisposto ai fornitori sudamericani un “acconto” pari a circa € 180.000 sul prezzo di acquisto della sostanza. Con raggravante ex art. 80 co. 2 del d.P.R. n. 309/90 del fatto riguardante quantità ingenti di sostanze stupefacenti, ossia un carico di circa 100/150 kg di cocaina.
un secondo gruppo, forte di rapporti stabili con i colombiani tanto da poter contattare direttamente esponenti della potente organizzazione criminale colombiana denominata “Clan del golfo”. Anche in questo caso, sono stati identificati i finanziatori, gli incaricati della scelta dei più proficui canali di vendita e i responsabili del trasferimento in Colombia del denaro necessario per condurre le transazioni.
Questa seconda organizzazione poteva beneficiare dell’appoggio di un intermediario del gruppo stabilmente dimorante in Colombia che, nel tempo, era riuscito a guadagnare grande credibilità tanto da fornire consigli sulle tecniche di occultamento della droga all’interno dei container, sulle più sicure modalità di spedizione della stessa da parte dei narcos sudamericani, sulla fornitura dei documenti di carico della merce e/o del documento di viaggio della nave e, perfino, sull’individuazione della nave su cui la sostanza sarebbe stata caricata per poi partire alla volta dello scalo portuale di Gioia Tauro.
Sono stati ricostruiti due episodi:
artt. 56, 99 e 110 c.p., 73 co. 1 e 6 e 80 co. 2 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro nonché con altre persone allo stato non identificate (tra le quali il colombiano Marcel) e quindi col concorso di almeno tre persone, con i ruoli meglio specificati al precedente capo B. 1, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, ponevano in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco ad importare e/o ricevere in Italia un quantitativo pari a circa 100/150 kg di sostanza stupefacente del tipo cocaina, da commerciare poi sul territorio nazionale italiano, non riuscendo nel proprio intento per cause indipendenti dalla propria volontà ossia per la mancata consegna della sostanza a fronte di un “acconto” di € 150.000 sul prezzo di acquisto già interamente trasferito in Colombia ed in parte (per un valore di circa € 40.000) già corrisposto ai narcos colombiani.
artt. 99, 110 c.p. e 73 co. 1 e 6 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro nonché con altre persone allo stato non identificate (tra le quali il colombiano David) e quindi col concorso di almeno tre persone, senza autorizzazione di cui all’art. 17, acquistavano ed importavano un carico di 1 kg circa di sostanza stupefacente del tipo cocaina, sostanza che veniva occultata all’interno di chicchi di caffè e spedita mediante il corriere express della ditta DHL dalla Colombia all’Italia e destinata ad essere poi commerciata grazie alla mediazione di un indagato ma poi sequestrata presso il centro di smistamento dell’aeroporto di Ciampino a Roma.
e il terzo gruppo, attivo in Platì e specializzato nella coltivazione di canapa indiana, stoccaggio, confezionamento e commercializzazione della marijuana ricavata. I vertici dell’organizzazione si occupavano della scelta dei terreni più adatti e impartivano precise disposizioni ai sodali incaricati delle fasi esecutive. Questi, a loro volta, provvedevano alla selezione dei semi da impiantare ed alle modalità di illuminazione ed irrigazione delle piante.
Sono stati ricostruiti gli episodi:
artt. 99, 110 c.p. e 73 co. 4 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, dapprima (in data 23.01.2021) offrivano in vendita ad un tale Antonio o Antonino non meglio identificato un quantitativo pari a 4,5/5 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana e poi (in data 26.01.2021) effettivamente vendevano tale sostanza al suddetto Antonio per un corrispettivo di € 13.200,00.
artt. 99, 110 c.p. e 73 co. 4 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, detenevano a fine di successiva cessione a terzi un quantitativo pari ad almeno 9 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana, ricavata da una piantagione di canapa, che poi confezionavano in sacchetti sottovuoto all’interno del fabbricato adiacente all’officina di un indagato e occultavano verosimilmente nel terreno circostante in attesa di venderla a terzi acquirenti.
artt. 99, 110 c.p. e 73 co. 4 e 6 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro e quindi in almeno tre persone, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, coltivavano all’interno di uno stabile sito nel centro storico di Piatì, appositamente dotato di un sistema di illuminazione, areazione e irrigazione, una piantagione di canapa indiana costituita da decine di piantine (da cui venivano ricavati circa 20/21 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana che venivano poi raccolti nel mese di aprile 2021), con un indagato che procurava le lampade e le altre attrezzature necessarie alla coltivazione (motori, sistema di areazione e di irrigazione, ecc.), si occupava di lavori sull’impianto elettrico dello stabile e forniva consigli sulla qualità di semi da piantare, mentre altro indagato si occupava della raccolta della sostanza, del suo confezionamento in dosi pronte per lo spaccio, della sua custodia e della successiva commercializzazione.
artt. 99 c.p. e 73 co. 4 del D.P.R. 309/90 perché, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, cedeva o comunque consegnava ad un soggetto non meglio identificato un quantitativo indeterminato di sostanza stupefacente del tipo marijuana per la successiva commercializzazione della stessa al dettaglio in Nord Italia ad un prezzo compreso tra i 3.500 e i 4.500 € al kg.
artt. 99, 110 c.p. e 73 co. 4 e 6 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro e quindi in almeno tre persone, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, coltivavano in un terreno sito nel comune di Gerace una piantagione di canapa indiana costituita da circa 435 piantine ancora in fase di maturazione (da cui era ricavabile sostanza stupefacente del tipo marijuana con un principio attivo di THC pari a 360.000 milligrammi corrispondenti a circa 14.400 dosi singole) organizzata su più terrazzamenti e dotata i sistema di irrigazione a goccia.
artt. 99, 110 c.p. e 73 co. 4 e 6 del D.P.R. 309/90 perché, in concorso morale e materiale tra di loro e quindi in almeno tre persone, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17, coltivavano in un’area non individuata una piantagione di canapa indiana costituita da decine di piantine (da cui era ricavabile sostanza stupefacente del tipo marijuana).
Ad alcuni indagati, viene anche contesto il reato di tentata estorsione in danno di un soggetto nell’ambito di una dinamica di procacciamento di potenziali acquirenti di droga.
56, 99, 110 c.p. e 629 c.p. perché, in concorso morale e materiale tra di loro, mediante violenza e minaccia consistita nel danneggiare a mezzo incendio tre autovetture parcheggiate nell’area antistante di un’attività commerciale, ponevano in essere atti idonei e diretti in modo inequivoco a costringere il titolare del suddetto autosalone, a pagare una somma di denaro non determinata, somma promessa dall’uomo ad una terza persona non meglio identificata per avergli procacciato un cliente ma mai corrisposta.
Le indagini sono tuttora in corso e, come previsto dalla legge, tutti gli indagati devono considerarsi non colpevoli fino a sentenza definitiva.
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