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Occhiuto, il dimissionario con la valigia pronta per tornare

Occhiuto, il dimissionario con la valigia pronta per tornare
Editoriale di Luigi Palamara


Roberto Occhiuto si dimette. Ma non fatevi ingannare: non è il passo indietro di chi lascia, è la rincorsa di chi vuole tornare più forte. La chiamano “scelta per il bene della Calabria”, ma somiglia a quelle frasi che si dicono quando si rompe un fidanzamento e già si è pronti a cenare con un altro.

E allora eccolo lì, in un’intervista che sa di comizio, a spiegare che no, non ce l’ha con i magistrati. Lo dice, lo ripete, lo sottolinea. Nessuno gliel’ha chiesto, ma lui lo assicura tre volte, come se avesse paura che la gente pensi il contrario. E in politica, quando ti difendi da un’accusa che nessuno ti ha fatto, vuol dire che quella accusa ti ronza nella testa. Excusatio non petita, accusatio manifesta.

Poi parte l’elenco dei meriti: aeroporti, ospedali, consorzi di bonifica ridotti da undici a uno. Un inventario da campagna elettorale più che da lettera di addio. E infatti non è un addio: è un “torno subito”, pronunciato col sorriso di chi non ha mai lasciato davvero.

Il copione è quello tipico: mi dimetto per salvare la Regione dal blocco amministrativo, ma se mi rieleggono posso sbloccare tutto in tre giorni. Tradotto: senza di me, il mondo si ferma. Con me, riparte. È l’ego travestito da altruismo, l’eroe che si auto-nomina per salvare la città da un incendio che, guarda caso, si è acceso proprio davanti a casa sua.

Gli alleati? Fingono di sostenerlo, lo applaudono, sorridono, ma sotto sotto contano le ore. Perché il dimissionario con l’elmetto pronto non è un alleato: è un concorrente che aspetta solo il via per riprendersi la poltrona. E lo farà, se può, anche a costo di scalare un grattacielo a mani nude.

In fondo, Occhiuto non sta cadendo: sta solo cambiando passo. Fa la mossa dello sconfitto per preparare la vittoria. E se qualcuno ancora non l’ha capito, basta rileggere la sua intervista: non è un epitaffio politico. È un trailer.

In Italia, quando un politico si dimette, non lascia il potere: lo mette solo in frigorifero, in attesa che si raffreddi l’inchiesta.

Luigi Palamara Tutti i diritti riservati Reggio Calabria 12 agosto 2025

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