REGGIO, LA MANOVRA CHE NON VEDE IL PAESE

REGGIO, LA MANOVRA CHE NON VEDE IL PAESE

L'Editoriale di Luigi Palamara 

Ci sono momenti in cui la politica, se vuole essere utile, deve avere il coraggio dell’impopolarità: dire gli errori, indicare le responsabilità, rompere la vetrina delle favole governative. A Reggio Calabria, in una sala piena ma non rumorosa — la folla che ascolta, non quella che applaude — Nicola Irto e Antonio Misiani hanno fatto esattamente questo: hanno messo davanti all’Italia lo specchio che il governo evita da mesi.

Uno specchio che non perdona.
Perché la realtà, quando la tradisci troppo a lungo, alla fine ti presenta il conto.

Il Pd che non urla: scrive. E lo dice Irto, con la sobrietà degli artigiani della politica

“Non gridano, non sbraitano, non battono il pugno sul tavolo. Semplicemente lavorano.”
È l’immagine che Irto offre: non un’opposizione urlante, ma un partito che arriva con emendamenti, coperture, numeri.
Una politica che torna a essere ciò che dovrebbe: un mestiere serio, fatto di carte e responsabilità.

Niente oratoria da comizio, niente verbosità anglosassoni.
Quella di Irto è politica da tavolo di legno, matita, e calcolatrice.

Un Senato svuotato, ma ancora ultimo baluardo

Irto dice una cosa che molti evitano di dire per pudore istituzionale:
il bicameralismo è morto, ma nessuno ha avuto il coraggio di celebrarne il funerale.

Quest’anno la manovra passa dal Senato. E lì, in quel ramo sempre più ornamentale, si può ancora incidere. Il Pd ci prova: non slogan ma  proposte emendative. Chi ha governato sa che la politica vive nell’articolo 3-bis, non nelle piazze di TikTok.

Misiani entra col bisturi: un Paese in stagnazione drogata dal PNRR

Misiani recita una verità feroce:
l’Italia cresce solo perché Bruxelles la tiene in vita attaccata alla flebo dei fondi europei.
Tolto il PNRR, l’economia italiana si affloscia come un pallone di fine partita.

Il governo festeggia l’occupazione? Sì, ma cresce solo quella degli over 50, mentre i salari perdono una mensilità di potere d’acquisto.
Il trionfalismo è una caricatura: un Paese che invecchia lavorando male e guadagnando peggio.

La sanità: Irto denuncia il buco, Misiani mostra il cadavere.

Sei milioni di italiani rinunciano a curarsi.
La Calabria paga 308 milioni ad altre regioni.
Le liste d’attesa scoppiano.

E la manovra?
Taglia, ignora, minimizza.

Irto lo chiama per nome: “La Calabria è diventata un bancomat sanitario del Nord”.
Misiani aggiunge il dato che fa male: il Fondo Sanitario torna ai livelli del 2004.
C’è un Paese che si ammala, e un governo che si trucca allo specchio.

Il taglio lineare che non ha coraggio né pensiero.
“I tagli lineari sono la scelta degli incapaci.”

Irto denuncia che il governo ha decapitato le opere pubbliche senza criterio, come si taglia la legna per l’inverno. Non priorità, non selezione: una ghigliottina. Che, guarda caso, cade più pesante sul Mezzogiorno.

Il Pd presenta alternative: non mondo perfetto, ma mondo possibile

Irto si sporca le mani: casa, affitti, bonus giovani, riqualificazione energetica sui tre anni, ZES, credito d’imposta stabile.
È la politica che non promette miracoli ma mette le pietre una sull’altra.

Misiani porta il quadro nazionale:
– stop al drenaggio fiscale
– salario minimo
– start tax per i giovani
– politica industriale triennale
– investimenti sulle rinnovabili
– strategia energetica nazionale

È un’altra Italia possibile. Non perfetta, ma governabile.

La 106 e la trasversale: infrastrutture non da inaugurare, ma da progettare

Irto parla della 106 come si parla di una ferita che non smette di sanguinare.
I morti, i ritardi, i tratti senza nemmeno lo studio preliminare.

Chiede di rimettere i fondi tagliati e aggiunge 30 milioni per studi di fattibilità.
Perché senza progetto non c’è cantiere, e senza cantiere non c’è futuro.

La “transversale”, 150 milioni, è l’altra faccia della stessa logica: unire per far vivere.
Non è geopolitica: è geografia umana.

Il ponte sullo Stretto: non ideologia, ma buon senso.

Irto compie un’operazione quasi eretica nel dibattito pubblico: non discute se il ponte sia buono o cattivo.
Semplicemente dice:

è bloccato.
E mentre è bloccato, tiene congelati 6 miliardi che servono a ospedali, strade, digitalizzazione.

È ragioneria contro propaganda.
È il bambino della favola, quello che dice che il re è nudo.

E ha ragione.

Intermodalità dello Stretto: 26 milioni per una modernità che esiste già altrove

Un collegamento Messina–Aeroporto di Reggio che funzioni davvero:
corse cadenzate, integrazione tariffaria, gestione stabile.
Il mondo civile funziona così. Qui si chiede solo di imitare la normalità.

Aree interne: lo spopolamento non si piange, si combatte

Irto lo dice con semplicità:
o diamo incentivi alle imprese e sistemiamo strade e servizi, o i borghi muoiono.
E quando muore un borgo muore un pezzo di Paese che non rinasce più.

SIN di Crotone: il crimine ambientale che l’Italia ignora

Irto porta la questione sul tavolo nazionale: rifiuti tossici, tumori, irresponsabilità.
Propone risorse per bonifica vera, tutela del paesaggio e trasferimento dei rifiuti fuori regione.

È un tema di vita o di morte.
Un Paese serio lo tratterebbe come emergenza nazionale.
Il governo lo tratta come un fastidio.

Il Mezzogiorno tradito: Misiani elenca il dossier nero

“Hanno usato il Sud come deposito di slogan e serbatoio di voti, poi gli hanno voltato le spalle.”

Misiani elenca fatti, non opinioni:

– autonomia differenziata
– taglio del fondo perequativo
– 8,2 miliardi sottratti ai Comuni
– abolita la decontribuzione Sud
– automotive e Ilva abbandonate
– politiche industriali inesistenti

In una parola: antimeridionalismo.
Non ideologico, ma amministrativo.

Il peggiore.


L’Italia che si sfalda: i numeri non votano, ma parlano.

Misiani chiude con il dato più importante di tutti:
la fiducia è crollata.
L’astensionismo è un grido silenzioso.
Il Paese reale si allontana dal Paese raccontato.

E quando chi sta peggio smette di credere nella democrazia, la democrazia diventa guscio vuoto.
Il prezzo della realtà.

Questo editoriale potrebbe finire con un appello.
Ma non mi piace scrivere appelli.
Voglio scrivere la verità, con la crudezza della lingua affilata.

La verità (secondo me) è questa:

La manovra del governo Meloni è piccola, timida, cieca.
Gli emendamenti del Pd sono un tentativo di rimettere gli occhiali al Paese.
Non risolveranno tutto, ma dicono una cosa fondamentale:
che la politica, quando vuole, può ancora usare la testa prima della gola.

E se il governo continuerà a inseguire slogan e titoli di giornale, sarà la realtà — non l’opposizione — a travolgerlo.

Perché la realtà non perdona.
E non dimentica.

Luigi Palamara 
Tutti i diritti riservati 
Reggio Calabria 26 novembre 2025
@luigi.palamara

INTERVENTO DEL SENATORE DEL PD NICOLA IRTO REGGIO, LA MANOVRA CHE NON VEDE IL PAESE L'Editoriale di Luigi Palamara Ci sono momenti in cui la politica, se vuole essere utile, deve avere il coraggio dell’impopolarità: dire gli errori, indicare le responsabilità, rompere la vetrina delle favole governative. A Reggio Calabria, in una sala piena ma non rumorosa — la folla che ascolta, non quella che applaude — Nicola Irto e Antonio Misiani hanno fatto esattamente questo: hanno messo davanti all’Italia lo specchio che il governo evita da mesi. Uno specchio che non perdona. Perché la realtà, quando la tradisci troppo a lungo, alla fine ti presenta il conto. Il Pd che non urla: scrive. E lo dice Irto, con la sobrietà degli artigiani della politica “Non gridano, non sbraitano, non battono il pugno sul tavolo. Semplicemente lavorano.” È l’immagine che Irto offre: non un’opposizione urlante, ma un partito che arriva con emendamenti, coperture, numeri. Una politica che torna a essere ciò che dovrebbe: un mestiere serio, fatto di carte e responsabilità. Niente oratoria da comizio, niente verbosità anglosassoni. Quella di Irto è politica da tavolo di legno, matita, e calcolatrice. Un Senato svuotato, ma ancora ultimo baluardo Irto dice una cosa che molti evitano di dire per pudore istituzionale: il bicameralismo è morto, ma nessuno ha avuto il coraggio di celebrarne il funerale. Quest’anno la manovra passa dal Senato. E lì, in quel ramo sempre più ornamentale, si può ancora incidere. Il Pd ci prova: non slogan ma proposte emendative. Chi ha governato sa che la politica vive nell’articolo 3-bis, non nelle piazze di TikTok. Misiani entra col bisturi: un Paese in stagnazione drogata dal PNRR Misiani recita una verità feroce: l’Italia cresce solo perché Bruxelles la tiene in vita attaccata alla flebo dei fondi europei. Tolto il PNRR, l’economia italiana si affloscia come un pallone di fine partita. Il governo festeggia l’occupazione? Sì, ma cresce solo quella degli over 50, mentre i salari perdono una mensilità di potere d’acquisto. Il trionfalismo è una caricatura: un Paese che invecchia lavorando male e guadagnando peggio. La sanità: Irto denuncia il buco, Misiani mostra il cadavere. Sei milioni di italiani rinunciano a curarsi. La Calabria paga 308 milioni ad altre regioni. Le liste d’attesa scoppiano. E la manovra? Taglia, ignora, minimizza. Irto lo chiama per nome: “La Calabria è diventata un bancomat sanitario del Nord”. Misiani aggiunge il dato che fa male: il Fondo Sanitario torna ai livelli del 2004. C’è un Paese che si ammala, e un governo che si trucca allo specchio. Il taglio lineare che non ha coraggio né pensiero. “I tagli lineari sono la scelta degli incapaci.” Irto denuncia che il governo ha decapitato le opere pubbliche senza criterio, come si taglia la legna per l’inverno. Non priorità, non selezione: una ghigliottina. Che, guarda caso, cade più pesante sul Mezzogiorno. Il Pd presenta alternative: non mondo perfetto, ma mondo possibile Irto si sporca le mani: casa, affitti, bonus giovani, riqualificazione energetica sui tre anni, ZES, credito d’imposta stabile. È la politica che non promette miracoli ma mette le pietre una sull’altra. Misiani porta il quadro nazionale: – stop al drenaggio fiscale – salario minimo – start tax per i giovani – politica industriale triennale – investimenti sulle rinnovabili – strategia energetica nazionale È un’altra Italia possibile. Non perfetta, ma governabile. La 106 e la trasversale: infrastrutture non da inaugurare, ma da progettare Irto parla della 106 come si parla di una ferita che non smette di sanguinare. I morti, i ritardi, i tratti senza nemmeno lo studio preliminare. Chiede di rimettere i fondi tagliati e aggiunge 30 milioni per studi di fattibilità. Perché senza progetto non c’è cantiere, e senza cantiere non c’è futuro. La “transversale”, 150 milioni, è l’altra faccia della stessa logica: unire per far vivere. Non è geopolitica: è geografia umana. Il ponte sullo Stretto: non ideologia, ma buon senso. Irto compie un’operazione quasi

♬ suono originale - Luigi Palamara
@luigi.palamara

INTERVENTO DEL SENATORE DEL PD ANTONIO MISIANI REGGIO, LA MANOVRA CHE NON VEDE IL PAESE L'Editoriale di Luigi Palamara Ci sono momenti in cui la politica, se vuole essere utile, deve avere il coraggio dell’impopolarità: dire gli errori, indicare le responsabilità, rompere la vetrina delle favole governative. A Reggio Calabria, in una sala piena ma non rumorosa — la folla che ascolta, non quella che applaude — Nicola Irto e Antonio Misiani hanno fatto esattamente questo: hanno messo davanti all’Italia lo specchio che il governo evita da mesi. Uno specchio che non perdona. Perché la realtà, quando la tradisci troppo a lungo, alla fine ti presenta il conto. Il Pd che non urla: scrive. E lo dice Irto, con la sobrietà degli artigiani della politica “Non gridano, non sbraitano, non battono il pugno sul tavolo. Semplicemente lavorano.” È l’immagine che Irto offre: non un’opposizione urlante, ma un partito che arriva con emendamenti, coperture, numeri. Una politica che torna a essere ciò che dovrebbe: un mestiere serio, fatto di carte e responsabilità. Niente oratoria da comizio, niente verbosità anglosassoni. Quella di Irto è politica da tavolo di legno, matita, e calcolatrice. Un Senato svuotato, ma ancora ultimo baluardo Irto dice una cosa che molti evitano di dire per pudore istituzionale: il bicameralismo è morto, ma nessuno ha avuto il coraggio di celebrarne il funerale. Quest’anno la manovra passa dal Senato. E lì, in quel ramo sempre più ornamentale, si può ancora incidere. Il Pd ci prova: non slogan ma proposte emendative. Chi ha governato sa che la politica vive nell’articolo 3-bis, non nelle piazze di TikTok. Misiani entra col bisturi: un Paese in stagnazione drogata dal PNRR Misiani recita una verità feroce: l’Italia cresce solo perché Bruxelles la tiene in vita attaccata alla flebo dei fondi europei. Tolto il PNRR, l’economia italiana si affloscia come un pallone di fine partita. Il governo festeggia l’occupazione? Sì, ma cresce solo quella degli over 50, mentre i salari perdono una mensilità di potere d’acquisto. Il trionfalismo è una caricatura: un Paese che invecchia lavorando male e guadagnando peggio. La sanità: Irto denuncia il buco, Misiani mostra il cadavere. Sei milioni di italiani rinunciano a curarsi. La Calabria paga 308 milioni ad altre regioni. Le liste d’attesa scoppiano. E la manovra? Taglia, ignora, minimizza. Irto lo chiama per nome: “La Calabria è diventata un bancomat sanitario del Nord”. Misiani aggiunge il dato che fa male: il Fondo Sanitario torna ai livelli del 2004. C’è un Paese che si ammala, e un governo che si trucca allo specchio. Il taglio lineare che non ha coraggio né pensiero. “I tagli lineari sono la scelta degli incapaci.” Irto denuncia che il governo ha decapitato le opere pubbliche senza criterio, come si taglia la legna per l’inverno. Non priorità, non selezione: una ghigliottina. Che, guarda caso, cade più pesante sul Mezzogiorno. Il Pd presenta alternative: non mondo perfetto, ma mondo possibile Irto si sporca le mani: casa, affitti, bonus giovani, riqualificazione energetica sui tre anni, ZES, credito d’imposta stabile. È la politica che non promette miracoli ma mette le pietre una sull’altra. Misiani porta il quadro nazionale: – stop al drenaggio fiscale – salario minimo – start tax per i giovani – politica industriale triennale – investimenti sulle rinnovabili – strategia energetica nazionale È un’altra Italia possibile. Non perfetta, ma governabile. La 106 e la trasversale: infrastrutture non da inaugurare, ma da progettare Irto parla della 106 come si parla di una ferita che non smette di sanguinare. I morti, i ritardi, i tratti senza nemmeno lo studio preliminare. Chiede di rimettere i fondi tagliati e aggiunge 30 milioni per studi di fattibilità. Perché senza progetto non c’è cantiere, e senza cantiere non c’è futuro. La “transversale”, 150 milioni, è l’altra faccia della stessa logica: unire per far vivere. Non è geopolitica: è geografia umana. Il ponte sullo Stretto: non ideologia, ma buon senso. Irto compie un’operazione q

♬ suono originale - Luigi Palamara

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